Prete accusato di abusi, spunta una nuova chat

Slittano la requisitoria del pubblico ministero Stefania Leonte, e le conclusioni degli avvocati delle parti civili, previste per ieri, nel processo a don Giuseppe Rugolo, il sacerdote accusato di violenza sessuale su minori (difeso dall’avvocato Denis Lovison). Dopo una lunga camera di consiglio, il tribunale di Enna presieduto da Francesco Pitarresi, ha ammesso la produzione di una chat che comproverebbe le confidenze sugli abusi subiti tra la presunta vittima, oggi trentenne, che ha denunciato il sacerdote, ed una amica. Il prossimo 21 novembre, dunque, si terrà un’udienza interlocutoria per nominare un consulente che dovrà estrapolare dall’account della vittima la chat completa.

Restano confermate le altre due date di udienza, il 13 dicembre e il 10 gennaio, giorno della sentenza che però, a questo punto, sembra improbabile sia emessa in quella data. Proprio ieri nel corso di un incontro con l’associazione Piccola Casa della Misericordia di Gela, papa Francesco aveva elogiato il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, titolare della diocesi di don Rugolo, definendolo un "perseguitato". Una dichiarazione che aveva suscitato la reazione della vittima: "Questo vescovo – aveva detto riferendosi a Gisana – è lo stesso intercettato mentre parla con Rugolo e dice di avere insabbiato tutto".

L’inchiesta su don Rugolo, culminata con l’arresto eseguito a Ferrara nell’aprile del 2021 dagli agenti delle squadre mobili di Enna e Ferrara, ha preso le mosse quando un giovane ha denunciato le presunte violenze subite una decina di anni prima, quando era uno dei ragazzi seguiti dal sacerdote. La presunta vittima ha raccontato di abusi avvenuti tra il 2009 e il 2013, cioè da quando aveva sedici anni a quando ne aveva venti. Secondo gli inquirenti, il ragazzo sarebbe stato costretto a subire e compiere atti sessuali anche mediante "forme di suggestione, intimidazioni e sopraffazione", approfittando "della fragile personalità della vittima". In particolare, venne scritto nell’ordinanza, il don avrebbe assunto "nei confronti dei giovani affidati alle sue cure il ruolo di amico e consigliere così riuscendo, anche grazie all’atavica fiducia unita al senso di soggezione verso coloro che vestono l’abito talare, a manipolarne il pensiero e la volontà".