REDAZIONE FERRARA

Ferrara, il Po un malato grave: "Oltre il 50% d’acqua in meno, il riciclo è la carta vincente"

Calderoni, vicepresidente nazionale Anbi (consorzi): "Dobbiamo riuscire a trattenerla". Bratti, segretario Autorità distrettuale del Fiume Po: "I progetti ci sono, bisogna decidere"

Alessandro Maccanti indica il livello del Po dall’imbarcadero di Pontelagoscuro. Nelle foto piccole: Stefano Calderoni in alto; Alessandro Bratti in basso

Ferrara, 19 febbraio 2023 – Fare presto”, questa la parola d’ordine che unisce chi in un certo senso è chiamato a difendere il Grande Fiume e un territorio. Alessandro Bratti, segretario generale dell’Autorità distrettuale del Fiume Po-Mite, e Stefano Calderoni, presidente del Consorzio Bonifica di Ferrara e vicepresidente dell’Anbi (Associazione nazionale dei consorzi) chiedono che le propoposte, le idee, le indicazioni messe ormai da mesi sulla carta e finite al centro dei tavoli per affrontare la grave crisi idrica già alle porte vengano tradotte in realtà.

A cominciare dal piano laghetti, la rete di invasi in grado di accumulare e trattenere l’acqua che ogni anno arriva e finisce in mare, senza lasciare nessuna traccia se non l’amarezza di non essere riusciti ancora una volta a fermarla. Allarmanti i numeri che snocciola il vicepresidente di Anbi. "Ci passano davanti lungo il fiume – sottolinea – 800 metri cubi in meno d’acqua al secondo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Le quote sono crollate del 50%, la portata quasi del 60%. Siamo davanti, nel mese di febbraio, ad una situazione per molti versi simile a quella dell’estate. Se non corriamo ai ripari anche qui verrebbe a riproporsi lo scenario che già vediamo in Piemonte dove stanno razionando l’acqua". All’origine di quello che sta succedendo ormai da febbraio dello scorso anno l’incapacità di trattenere una risorsa che ormai è più preziosa dell’oro. Ancora a fornire i dati è Calderoni, dati che non depongono a favore del sistema Italia. "Riusciamo ad immagazzinare – precisa – solo l’11 per cento dell’acqua, il resto si perde. In Spagna sono riusciti ad alzare questa soglia al 30. Una soglia che, badate bene, ci consentirebbe di dormire sonni tranquilli e di non dover ogni anno affrontare un’emergenza diventata cronica, quella della siccità". Nella nostra provincia qualche passo avanti è stato fatto proprio sulla scorta dell’esperienza – drammatica – dello scorso anno. Si chiama riciclo, un sistema che è riuscito ad approntare il consorzio di bonifica e che sfrutta la rete dei canali, le pompe e i ‘salti’ (le quote) per far tornare indietro l’acqua che viene usata per irrigare. "Siamo riusciti – sottolinea senza nascondere l’orgoglio – a risparmiare 300mila metri cubi al giorno. Ci siamo salvati". Anche se gli effetti di quello che è successo lo scorso anno si vedono, pesano sui campi. "Abbiamo perso il 40% delle gemme nei pereti – annuncia –, le piante hanno sofferto la siccità e il grande caldo". Il quadro non è incoraggiante. "La magra invernale non regala ottimismo – afferma il segretario generale dell’Autorità distrettuale del Fiume Po-Mite –. Siamo davanti ad una situazione di conclamato deficit idrico in gran parte delle regioni del Nord, Piemonte e Lombardia in testa ma anche in Veneto e Trentino. Nell’area Emiliano Romagnola le ultime piogge, accompagnate da alcune nevicate, hanno contribuito a ricaricare i torrenti Appenninici e ad incrementare le portate del fiume". Bratti indica la strada. "Non c’è una sola soluzione, ma il modo per gestire la risorsa acqua c’è – precisa –, bisogna però saper ascoltare. Nell’Osservatorio sono presenti tutti gli attori coinvolti, sono stati indicati ben precisi progetti come il piano laghetti, le barriere antisale che abbiamo intenzione di estendere anche oltre il Veneto. Il ministero delle Infrastrutture deve pronunciarsi, dire se i progetti vanno bene ed a quel punto procedere con i finanziamenti. Serve una cabina di regia, qualcuno deve decidere. Altrimenti non si va da nessuna parte".