Ferrara, venerdì 25 gennaio 2019 - Amministratori sull’orlo di una crisi di nervi, si potrebbe dire prendendo in prestito il titolo del celebre film di Almodovar. Già, perché ora gli scenari sono, oltre a palazzo Diamanti, "Palazzo Bevilacqua, che è dello Stato e per il quale potrebbero occorrere decine di milioni di euro, che non abbiamo, e una quindicina d’anni per renderlo attivo, o Palazzo Prosperi, che strutturalmente non potrebbe contenere 150mila presenze".
Questo il quadro che il sindaco Tiziano Tagliani ha fatto alle rappresentanze imprenditoriali ferraresi, interpellate per discutere sulle ripercussioni, di fatto anche economiche, che il diniego sull’ampiamento di Palazzo dei Diamanti potrebbe comportare. Il tutto dopo aver letto loro le parole del presidente di Italia Nostra, Andrea Malacarne, che per Maria Luisa Pacelli (Ferrara Arte) «è la persona che bisogna ringraziare per questa grande perdita, vergognosa per la città», come ha detto davanti al plastico di quello che sarebbe potuto essere il nuovo percorso museale, rispondendo a una signora dispiaciuta sul mancato avviamento del progetto.
I sassolini del sindaco Tagliani. Qualche sassolino Tagliani se l’era tolto già al mattino, in verità, già in Castello alla presentazione della mostra Dipingere gli affetti. «È in atto una denigrazione nei confronti di chi gestisce Ferrara, città che ha poche possibilità di vincere a livello nazionale, ma quelle poche non possono essere demolite» affermava durante la presentazione il sindaco. Il tema per Tagliani è infatti anche di politica economica e gestionale. «Ferrara Arte è anche una realtà imprenditoriale, con quanto apparso sui giornali si rischia di perdere sponsor o di non arrivare più ai numeri degli ultimi tre anni, di 350milia visitatori. La nostra città, le sue realtà imprenditoriali, devono decidere se si butta a mare questo progetto o no». Il piano, forse inevitabilmente, rimbalza però a più riprese anche nel politico. «Ci chiedono soluzioni alternative immediate, ma Palazzo dei Diamanti è anche un brand oltre che un immobile, con la sua credibilità nel mondo. Se noi ipotizzassimo, come chiedeva Andrea Malacarne di Italia Nostra, di non usarlo più dovremmo ricominciare da capo, con implicazioni ovviamente anche economiche per la città».
La risposta delle associazioni di categoria. «Non potete chiamarci solo adesso» tuona Riccardo Cavicchi (Cna), interrompendo il lungo discorso esplicativo sulla situazione da sabbie mobili attualmente in essere per l’amministrazione. «O si toglie la discussione dalla campagna elettorale – continua – non se ne esce. Bene portare avanti la parte accolta, e metterla subito a cantiere, mentre si capisce come trovare una soluzione alternativa per la parte con il diniego». Obiettivo e al contempo preoccupazione principale è la continuità delle mostre anche per Ascom: «Importante ora fare quello che serve per non bloccare le esposizioni, che devono rimanere ai Diamanti – commenta Davide Urban – e devono essere però comunicate meglio di quanto fatto finora, per attrarre turisti». Un po’ di imbarazzo c’è in Zeno Govoni (Federalberghi) «non posso intervenire io su un padiglione, non ne avrei competenza, come possiamo essere utili?», mentre per Chiara Ronchi (Confesercenti) la situazione «sembra un film horror, ora serve fare mostre e conoscerle per tempo» e Alessandro Osti aggiunge: «È una scelta che ci può pregiudicare, l’importante per noi è capire che non ci sia un fermo tecnico alle mostre». Giuseppe Vancini (Confartigianato) insieme a Cavicchi, infine, propone di scrivere una lettera al ministro Bonisoli. La possibilità sarà ora da vagliare con le altre associazioni di categoria presenti.
Lo sbotto della direttrice Pacelli. «Non siamo la Tate di Londra, Ferrara Arte ha solo la reputazione, se alla città non interessa perché lo ritiene un valore minore allora le mostre le può fare qualcun altro: Goldin, Artemisia, La Nave di Teseo, Sgarbi o chi per loro» sbotta poi Pacelli, che aggiunge: «Cerchiamo di capire cos’è Ferrara Arte. È sexy? Non è sexy? Ma cosa vuol dire? Abbiamo tutti i musei chiusi e noi in questi anni abbiamo continuato a dedicare spazio ai nostri artisti mandando le loro opere all’estero, dedicandogli mostre. Non capire Ferrara Arte vuol dire non capire la visione di Ferrara città d’arte e di cultura. La differenza di Ferrara Arte è che il suo operato dà identità a questa città e la rende meta di un turismo di un certo livello, se non si capisce questo io alzo le mani». Un po’ le mani le ha già alzate, Pacelli, dopo gli attacchi degli ultimi giorni e il blocco di parte del progetto ai Diamanti. «Stavo lavorando alla progettazione di una grande mostra, prevista per il 2022, ma ho bloccato le relazioni per i prestiti con New York e Londra. Se alla città per cui lavoro non interessa…».