FEDERICO MALAVASI
Cronaca

Omicidio Buzzi, tribunale blindato. Chiesti i domiciliari per un imputato

Un vasto spiegamento di polizia e carabinieri ha vigilato ieri mattina sulla prima udienza in corte d’Assise. Di Gaetano padre e figlio muti davanti ai giudici, poi il colloquio tra loro. Tensione all’arrivo in aula.

Omicidio Buzzi, tribunale blindato. Chiesti i domiciliari per un imputato

Un vasto spiegamento di polizia e carabinieri ha vigilato ieri mattina sulla prima udienza in corte d’Assise. Di Gaetano padre e figlio muti davanti ai giudici, poi il colloquio tra loro. Tensione all’arrivo in aula.

Un cordone di polizia e carabinieri all’esterno del tribunale e un presidio altrettanto nutrito all’interno, sulla soglia dell’aula. È anche una questione di ordine pubblico il processo per l’orrore del Big Town, iniziato ieri mattina davanti alla corte d’Assise. Lo spiegamento di forze predisposto a palazzo di giustizia si è reso necessario a seguito delle tensioni nate all’indomani dell’omicidio di Davide Buzzi, 43 anni, e del ferimento di Lorenzo Piccinini, 22 anni, avvenuti la notte primo settembre del 2023 nel locale di via Bologna per mano di Giuseppe e Mauro di Gaetano, padre e figlio, quest’ultimo titolare del bar.

In aula. Ore 9.30, la corte è riunita e l’aula B, la più capiente del tribunale, è piena fino all’orlo. Avvocati, forze dell’ordine, giornalisti e semplici curiosi. L’attesa è palpabile e l’atmosfera è densa. Alle 9.43, uno dopo l’altro, entrano i due imputati. Il loro ingresso è accompagnato da attimi di tensione, prontamente ‘sedati’ dal presidente Piera Tassoni. Giuseppe, 70 anni, arriva in tribunale accompagnato da un agente in borghese. Varca per primo la soglia dell’aula B, giacca scura e camicia bianca come i capelli. Siede a fianco dei suoi avvocati e non si volta mai verso il fondo dell’aula, dove si trova Natalino Buzzi, padre di Davide, immobile in piedi con i pugni piantati sulla balaustra di legno che separa i banchi delle parti processuali dalla parte riservata al pubblico. Subito dopo, scortato dalla polizia penitenziaria, entra Mauro, 42 anni, maglione scuro e camicia azzurra. I Di Gaetano siedono accanto ai loro difensori e rimangono muti con lo sguardo fisso sulla corte. Da qualche tempo, Giuseppe è stato trasferito dal carcere agli arresti domiciliari in una località tenuta segreta per ragioni di sicurezza. Il figlio è invece ancora in cella, anche se nel corso dell’udienza di ieri i legali hanno ribadito anche per lui la richiesta dei domiciliari. Un’istanza sulla qualche la corte non si è ancora espressa, ma che ha incontrato il ‘nulla osta’ del pubblico ministero Barbara Cavallo, la quale ha sottolineato come, pur rimanendo invariato il quadro indiziario iniziale anche alla luce della recente consulenza secondo cui il 42enne sarebbe stato parzialmente incapace di intendere e volere nei momenti più cruenti dell’aggressione, la detenzione a casa sarebbe adeguata alle esigenze cautelari.

L’udienza, terminata poco dopo le 13, è stata dedicata alla discussione di alcune questioni preliminari sollevate dalle parti. Dopo la correzione di alcuni errori materiali nel capo di imputazione, la difesa dei Di Gaetano ha riformulato l’istanza di rito abbreviato, già chiesta in udienza preliminare. L’ammissibilità verrà però decisa dalla corte solo all’esito del processo: qualora dovesse essere ritenuta insussistente l’aggravante della crudeltà, gli imputati potrebbero godere della riduzione di pena prevista dal rito alternativo. In seguito è stata formulata un’eccezione sull’utilizzabilità delle intercettazioni, respinta dall’Assise che ha nominato un perito per la trascrizione.

Subito dopo, è toccato alla lista dei testimoni, alcuni dei quali sono stati ‘cassati’ in quanto riferirebbero fatti relativi all’antefatto del delitto e non limitato al fatto di sangue in sé. Un passaggio, quest’ultimo, apprezzato dall’avvocato Gian Luigi Pieraccni, difensore di alcune delle parti civili. "Siamo soddisfatti che non siano stati ammessi testimoni relativi a fatti precedenti all’omicidio" ha dichiarato, rimarcando come gli imputati non abbiano "mai mostrato segni di resipiscenza". Definite tali questioni, la corte ha aggiornato all’udienza del 5 dicembre per ascoltare i primi testi. Mentre i presenti lasciano l’aula, in una stanza del tribunale padre e figlio si incontrano per un breve colloquio. Il primo da quando, in agosto, Giuseppe ha lasciato il carcere nel quale era rinchiuso da quella maledetta notte di fine estate.