Ferrara, 6 settembre 2023 – Una difesa estrema, condotta con ogni cosa che capitava a portata di mano. Il tutto per proteggere se stesso e il padre. Mauro Di Gaetano lo aveva detto in una prima battuta e lo ha ribadito ieri mattina davanti al giudice per le indagini preliminari Silvia Marini, nel corso dell’udienza di convalida del fermo al quale è sottoposto, insieme al padre Giuseppe, dal giorno dopo l’orrore del Big Town.
Padre e figlio (quest’ultimo titolare del locale all’inizio di via Bologna) sono entrambi in carcere. Sono accusati dell’omicidio di Davide Buzzi, tatuatore 43enne rimasto ucciso al culmine della lite scoppiata venerdì all’interno del bar, e del tentato omicidio di Lorenzo Piccinini, 21enne che si era presentato al locale insieme alla vittima con l’intenzione di vendicare la morte del 19enne Edoardo Bovini, figliastro del più anziano e cugino del giovane, morto il 13 agosto a seguito di un malore proprio davanti all’esercizio teatro del fatto sangue. Un decesso che Buzzi imputava in parte al gestore del bar in quanto, a suo dire, avrebbe tardato nel chiamare i soccorsi. Da quella maledetta sera, dopo un interrogatorio fiume davanti al pubblico ministero Barbara Cavallo, i due indagati sono tra le mura dell’Arginone, sorvegliati e in isolamento per il timore che possano incorrere in ritorsioni o vendette, vista la delicata situazione che si è venuta a creare dopo il delitto.
L’udienza. Pochi minuti prima delle 10 il gip varca i cancelli della casa circondariale. Prima viene ascoltato Giuseppe (assistito dagli avvocati Giulia Zerpelloni e Stefano Scafidi), dopo Mauro (avvocato Michele Ciaccia). Entrambi rispondono alle domande, chiarendo alcuni aspetti che nelle loro prime dichiarazioni al pubblico ministero erano apparsi contraddittori o generici. Entrambi, si diceva, hanno parlato e in particolare Mauro Di Gaetano avrebbe insistito nel dire di aver agito per proteggere se stesso e il padre, di essersi difeso con qualsiasi oggetto avesse a portata di mano. Il pm ha confermato la richiesta di custodia cautelare in carcere, istanza accolta dal giudice dopo qualche ora di riserva. Secondo il gip non sussistono esigenze cautelari relative all’inquinamento probatorio né al pericolo di fuga, ma c’è il pericolo di reiterazione del reato. Parallelamente, il giudice non ha convalidato i fermi, proprio in ragione dell’assenza del periodo di fuga. Padre e figlio rimarranno quindi tra le mura dell’Arginone, anche se non si esclude che, sempre per ragioni di sicurezza, in futuro non possa essere valutato un loro trasferimento ad altra struttura.
Dieci minuti d’inferno. La lite costata la vita a Buzzi è tutta cristallizzata in un video ripreso da una telecamera di sorveglianza del locale. Gli inquirenti lo hanno immediatamente acquisito e visionato. Stando a quanto trapela, le immagini sono nitide e si possono sentire distintamente i rumori della rissa e le voci dei partecipanti. L’alterco dura circa dieci minuti e si consuma alternando fasi di caos e violenza a un momento in cui la situazione sembra quasi rientrare, prima di degenerare definitivamente. Tutto comincia con Buzzi e Piccinini che entrano al Big Town con una tanica di benzina. All’interno ci sono soltanto Di Gaetano padre e figlio. I dipendenti del bar si erano infatti licenziati nei giorni precedenti, pare preoccupati dalla piega che stavano prendendo gli eventi. Mauro aveva quindi chiesto al padre di rimanere con lui, per non restare completamente solo al bancone. Intorno alle 23, Buzzi e Piccinini si presentano al locale e iniziano a metterlo a soqquadro. Rovesciano tavoli, lanciano sedie. Il caos è tale che, a un tratto, manca la luce per alcuni secondi. La prima colluttazione è con Giuseppe che prova a fermare Buzzi e Piccinini. In tutta risposta riceve una violentissima gomitata al volto. La botta scatena la reazione dei baristi. Parte una coltellata che raggiunge all’addome il 21enne. A quel punto, gli animi sembrano placarsi. Viene chiamato il 118 e la lite pare chiudersi così. In realtà le cose vanno in maniera diversa. All’improvviso esplode nuovamente la violenza. Questa volta, però, ad avere il sopravvento sono padre e figlio. L’epilogo è ormai noto. Piccinini esce dal locale e viene preso in carico dal 118. Buzzi è a terra all’interno, in fin di vita. La corsa in ospedale non basterà a salvargli la vita.
Tre settimane di tensione. Per capire le ragioni che hanno portato all’omicidio del Big Town bisogna riavvolgere il nastro fino alla notte del 13 agosto quando, all’esterno del bar, il 19enne Edoardo Bovini fu stroncato da un malore. Buzzi, patrigno del giovane, addossa sin da subito una parte della colpa dell’accaduto al gestore del locale. A suo dire avrebbe tardato nell’allertare i soccorsi, mentre in realtà è stato appurato che quella sera Di Gaetano non era nemmeno presente al locale, in quanto fuori città per lavoro. Nei giorni successivi si sono susseguiti momenti ad altissima tensione, a partire dalla rissa davanti al bar Condor di via San Romano, dove lo stesso Buzzi ha avuto un violento alterco con un tunisino, anch’esso ritenuto dal patrigno coinvolto nella tragedia di Edoardo. L’attenzione si è poi rivolta verso il Big Town. Lunedì scorso il titolare ha depositato una denuncia per estorsione, nella quale riferiva di aver ricevuto da Buzzi un ultimatum per chiudere il locale e una richiesta di tremila euro, pena l’incendio del bar. Con il passare dei giorni e con il crescere della preoccupazione, il titolare del Big Town ha finito per ritrovarsi completamente da solo. Venerdì sera, l’atto finale della tragedia.