"Bergamini è morto soffocato, con una sciarpa o con un sacchetto di plastica. O forse con una pressione delle mani da dietro. E solo in un secondo momento il corpo disteso sull’asfalto e poi sormontato dal camion". Il calcaitore argentano ucciso il 18 novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico era già morto quando il camion lo investì. Nessun tuffo come in piscina. "La Internò dice il falso – ha sottolineato ancora il pm Luca Primicerio – così come Pisano (il conducente del camion, ndr) – così come Pisano che ci ha offerto più versioni nel corso delle sue testimonianze". E’ uno dei passaggi più importanti della prima parte della requisitoria che ieri davanti alla Corte di Assise di Cosenza ha aperto la ripresa del processo contro l’ex fidanzata di Bergamini, Isabella Internò, accusata di omicidio premeditato, in concorso con ignoti". Essenziale l’esame cui è stato sottoposto il cadavere del calciatore dopo la seconda riesumazione, nel 2017, per riuscire a stabilire se le ferite da schiacciamento fossero avvenute quando era ancora vivo. "Nel 2017 - ha detto ancora Primicerio - sono stati fatti 101 prelievi e i periti hanno condiviso tutte le attività, anche quella sull’esame della glicoforina. Tutti gli esami dei periti parlano di compatibilità del corpo di Bergamini con asfissia da compressione con un mezzo soft, probabilmente una sciarpa o un sacchetto che può non lasciare segni sul collo".
Il movente. Il magistrao si è anche soffermato su quello che può essere stato il movente di questo delitto. "Abbiamo battutto ed escluso tutte le altre piste possibili – ha concluso il pm – si è trattato di un delitto di natura passionale". Nessuna fondatezza per la procura ha mai avuto il racconto dell’imputata che il suicidio sarebbe avvenuto a seguito del suo rifiuto di seguirlo alle Maldive o alle Azzorre, dove lui, secondo i deliri della Internò, avrebbe voluto fuggire. "È semplicimente una ricostruzione assurda. Che non trova riscontri. Il delitto del calciatore argentano sarebbe maturato nell’ambito di una famiglia di stampo patriarcale. Un delitto che doveva lavare l’onta di non aver sposato colei che in passato era rimasta incinta del calciatore. Ma anche qui qualche passaggio dei racconti dell’imputata, fatti dopo la morte di Bergamini non quadrano molto. L’udienza di ieri, la prima dopo la pausa estiva, cui ha preso parte la sorella di Denis, Donata Bergamini, era stata aperta dal procuratore capo di Castrovillari, Alessandro D’Alessio, che per la prima volta ha preso la parola nel processo che ha già superato sessanta udienza e che va avanti dal 2021. "Questo è un processo indiziario che si fonda su prove scientifiche. Alcune saranno più significative, altre meno, ma andranno valutate nel loro insieme, non prese singolarmente". ha affermato D’Alessio.
Si torna in aula questa mattina, con la prosecuzione della requisitoria, che si concentrerà di più sul ruolo dell’imputata nel delitto. Cui seguiranno le richieste della procura : probabilmente la prima richiesta di condanna nell’ambito delle varie inchieste che si sono succedute nei 35 anni di attesa di un processo e quindi di Giustizia.