CRISTINA RUFINI
Cronaca

Odissea per il permesso di soggiorno. Il Tar: "Ora la prefettura lo rilasci"

Tre cittadini marocchini hanno atteso un anno e sono stati costretti a impugnare il silenzio-rifiuto. Solo così hanno potuto regolarizzare il loro lavoro. L’avvocato: "Sistema che deve essere rivisto". .

Odissea per il permesso di soggiorno. Il Tar: "Ora la prefettura lo rilasci"

Odissea per il permesso di soggiorno. Il Tar: "Ora la prefettura lo rilasci"

CODIGORO

Avevano tutte le carte in regola per lavorare regolarmente e ottenere il permesso di soggiorno, ma la lentezza della burocrazia italiana li ha messi nella condizione di stare più di un anno ad attenderlo, quando avrebbero dovuto averlo molti mesi prima. Tempo che i tre giovani marocchini, tutti sui venti anni, hanno sprecato per essere in regola, con il rischio, molto reale, di dover lavorare in nero e sottopagati. C’è voluta una sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna per permettere ai tre extracomunitari di iniziare a lavorare regolarmente. Infatti una settimana dopo la sentenza del Tar Bologna, all’inizio del mese, la prefettura li ha convocati per formalizzare finalmente l’assunzione che ha poi dato luogo all’iter per il permesso di soggiorno. "Credo che si tratti di un sistema – si è limitato a commentare il legale che li ha assistiti, l’avvocato Rodolfo Romito del Foro di Padova – sicuramente da rivedere, non possiamo far attendere così tanto tempo gli immigrati per mettersi in regola, soprattutto quando si tratta di lavori stagionali". Il rischio concreto è,va sottolineato, che vengano assorbiti dal lavoro nero, oppure di essere ’prede’ dei caporali e lavorare per pochi euro all’ora.

La vicenda. Ciò che ha spinto i tre cittadini marocchini a rivolgersi a un legale è stata la decisione della prefettura di Ferrara di applicare, di fatto, il silenzio rifiuto alla richiesta di permesso di soggiorno che i tre extracomunitari avevano presentato insieme al deposito del nullaosta da parte dell’azienda agricola che ha sede a Codigoro, dove avevano trovato lavoro. Domanda cui sarebbe dovuta seguire di lì a poco e comunque non oltre i sei mesi (già un tempo lungo di suo) la convocazione delle parti (lavoratori e impresa) in prefettura per formalizzare il contratto di lavoro e dare avvio all’iter per il permesso di soggiorno. Ma questa convocazione non è avvenuta ’spontaneamente’ da parte dell’ente territoriale del governo. Gil operai visto il protrarsi dei tempi, hanno deciso di impugnare quello che ormai era diventato un silenzio-rifiuto, davanti al Tribunale amministrativo. Peraltro con una condotta che non ha permesso la conclusione di un procedimento aperto: l’assenza di comunicazione da parte della prefettura estense, infatti, ha di fatto lasciato in sospeso l’iter.

La sentenza. I giudici della prima sezione del Tribunale amministrativo regionale nell’accogliere il ricorso dei tre lavoratori, ordinando al prefetto di Ferrara di provvedere ad eseguire la domanda presentata dai tre extracomunitari, hanno anche sottolineato che l’Amministrazione pubblica: "così operando ha violato l’obbligo di definire il procedimento, obbligo reso ancora più cogente – si legge nella sentenza – in seguito all’entrata in vigore della legge 190 del 2012 che ha imposto di rispondere in ogni caso alle istanze dei privati nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento e correttezza". Nel caso la prefettura non avesse ottemperato, i giudici amministrativi avevano già individuato nel questore di Bologna il commissario ad acta per provvedere all’esecuzione della sentenza. Non è stato necessario, perché una settimana dopo gli extracomunitari sono stati convocati e hanno così potuto mettersi in regola. Finalmente e solo dopo una sentenza.