Nessuno compra il bar Tre Corone "Pure Garibaldi varcò questa porta"

di Mario Bovenzi Mostra con orgoglio la targa, stretta in una cornice laccata, Roberto Boni, 70 anni, nato a Tresigallo, vissuto le stagioni di un’esistenza dietro il bancone del bar caffetteria ’Tre Corone’, avamposto di una Ferrara che forse non c’è più ma che ancora resiste in via Garibaldi. Si legge, in un riquadrato sotto la fotografia seppiata, una storia antica. "La caffetteria occupa la parte dei locali della locanda dei primi del Seicento, offriva ospitalità a re, principi". Ancora, è scritto in corsivo, che nel 1800 accolse la principessa Maria Carolina di Napoli. E nel 1867 varcò quella porta di legno e vetro, eroe a cavallo tra due mondi, anche Giuseppe Garibaldi. Cronache lontane che hanno il sapore della leggenda, che un po’ si perdono nella nebbia dei libri di scuola. Il presente è invece affisso a chiare lettere sulla vetrina, si legge in un cartello che recita – una messa da requiem – "cedesi attività". E’ lì da mesi quel cartello, ma nessuno si fa avanti. "In giro non ci sono soldi, ti propongono cifre fuori mercato. Si sono fatti vivi anche i cinesi. Altro che valigie con i soldi, vogliono comprare per un’elemosina", le parole amare di Boni che annuncia i titoli di coda. "Vada come vada, entro quest’anno noi chiudiamo. Andiamo in pensione, vogliamo riposarci un po’, stare con i nostri nipotini. Certo è triste che un bar che rappresenta un monumento della città debba sparire dalla cartina della nostra storia", afferma, il sorriso mesto, l’aroma del caffè che sale dalla tazzina poggiata sul bancone. Allineati dietro le loro spalle i contenitori bruniti con i chicchi da macinare. Dice ancora Boni scavando con la chiave della memoria nella foto in bianco e nero di una Lambretta. Correvano gli anni Settanta. "Fino ad una cinquantina d’anni fa qui c’erano un ristorante e una locanda al piano superiore", e indica un arco che ancora sopravvive sotto lo scudo della Soprintendenza alle belle arti, un tesoro da difendere dalle mode buone per una sola stagione. "La locanda ospitava nobili – aggiunge –, poi nell’ultimo periodo qualche donnina un po’ allegra". Il piacere era in vendita oltre quell’arco, poi la legge lo sfrattò insieme a giarrettiere e ammiccamenti. Succedeva in un altro secolo. Poi arrivarono Roberto Boni e la moglie Marinella Talmelli, 67 anni, nata a Casumaro, sposati da 45 anni. Da 33 si svegliano ogni mattina alle sei. Alzano la saracinesca, accendono le luci, si mettono dietro il bancone. "Ferrara è cambiata – affiorano le immagini dalla nebbia del passato – via Garibaldi era un fiume di gente. C’erano i dipendenti di Enel, della Sip, delle banche che si venivano a prendere il caffè. Si lavorava molto di più. Adesso ci sono i centri commerciali, la gente va di fretta, non hanno mai tempo. Abbiamo comunque clienti fedelissimi, il giro c’è per chi vuole lavorare". Era l’Ottocento, entrava Garibaldi con la camicia rossa, dice sempre la leggenda. Poi si sono fermati Casini e Sgarbi tra una seduta al parlamento, Tozzi e Ruggeri tra i successi di una hit parade. Anche il portiere della Spal Enrico Alfonso a volte ordina un caffè, magari non così amaro come la classifica. "I locali sono i nostri – riprende Boni –, ma non abbiamo alcuna intenzione di svedere questo luogo. Se nessuno farà un’offerta adeguata spegniamo le luci. Alla nostra età non possiamo alzarci all’alba per venire ogni mattina qui, una volta restavamo aperti anche fino alle 22, adesso alle sei si stacca. Ma sono lo stesso tante ore, abbiamo diritto anche noi di trascorrere sereni i nostri anni. E’ un peccato che debba andare a finire così, speriamo che qualcuno si faccia avanti per salvare un simbolo".

Nessuno compra il bar Tre Corone "Pure Garibaldi varcò questa porta"

I primi documenti del ’600 quando era una locanda, i proprietari dopo una vita al banco vanno in pensione