I discendenti di Antonio Maria Nardi si aggirano tra le sale del Castello Estense. È divertenti vederli indicare i soggetti dipinti, riconoscervi i volti dei propri parenti, commuoversi tra gli anfratti di un allestimento che sa di casa. E d’altronde a Ferrara, il Nardi è proprio di casa. Nato nel 1897 a Ostellato, l’illustratore e pittore attendeva un ritorno in città (il secondo, dopo la mostra dei 100 anni dalla nascita a Casa Frescobaldi, nel 1997), concretizzato nell’esposizione ‘Antonio Maria Nardi. I colori della vita’, curata da Pietro Di Natale e Vasilij Gusella, in collaborazione con l’Archivio Antonio Maria Nardi di Roma. La scelta dei curatori di esporre per la maggior parte opere pittoriche, lasciando ai margini l’illustrazione (pure presente, ma in minor parte), si spiega anche alla luce del dialogo che è stato creato al Castello, affiancando a Nardi una monografica di un pittore contemporaneo: Maurizio Bottoni. Due mostre, vicine ma separate, visitabili da oggi al 26 dicembre. Milanese, classe 1950, Bottoni è considerato da Vittorio Sgarbi, presidente di Ferrara Arte e curatore della mostra, "un pittore ferrarese d’adozione". L’esposizione, dal titolo ‘Maurizio Bottoni. Eterna pittura’, sembra pensata come contraltare di quella di Nardi: "i colori della vita" di Nardi, che trovano uno scopo nella materia neo-seicentesca dei suoi nudi femminili, cedono il posto a un’attenzione al dettaglio che porta Bottoni a escludere l’uomo, scegliendo oggetti, animali, natura come soggetti principali, preferendo all’immanenza della carne umana la trascendenza della rovina. È un’eternità ancora tutta terrena, quella del Milanese, e di conseguenza divina, se accettiamo l’idea che è nella perfetta misura, di un ‘Agnello mistico’ così come di una mosca, che si nasconde la Divinità. "Cosa muove Bottoni?", si chiede Sgarbi in catalogo. "Non è più lo spirito di Caravaggio che osserva la realtà che muta, che si altera; ma una riflessione sulla eternità della natura che si riproduce identica e vince la morte (…). Egli non vuole riprodurre la realtà, vuole eternarla, impietrirla. Vuole impedire ai suoi asparagi, alle sue zucche, di trasformarsi, condizione inevitabile alla natura, ma non alla pittura, che esiste per quello". Al contrario, come decifrare la pittura di Antonio Maria Nardi? Lo spunto ci arriva dal critico ferrarese, Lucio Scardino, che – riconoscendo il carattere straordinario delle illustrazioni di Nardi –, trova la sua pittura "pirandelliana: da Uno, nessuno e centomila". Suggestioni eterogenee talvolta emergono talaltra si inoltrano fino a sparire. L’artista passa da Morandi a Guido Reni, da Funi al neobarocco, ma rimanendo sempre fedele a se stesso, alla sua filosofia: "cercherò – si prometteva Nardi – di dedicarmi a dipinti, a composizioni che abbiano una netta ragione d’essere, inconfondibili nei soggetti anche senza il suggerimento del titolo". È in questo assunto che avviene l’incontro tra Nardi e Bottoni, come spiega bene il direttore di Ferrara Arte, Pietro Di Natale: "entrambi i pittori sono custodi dei valori universali dell’arte. Entrambi classici. Entrambi voltano la testa all’indietro, senza citare o imitare. Tra di loro, c’è un rapporto di piena continuità, inevitabile per chi ha un’identità precisa".
"Bottoni dipinge in maniera inattuale, come inattuali sono i veri poeti e pittori – commenta Marco Gulinelli, assessore alla cultura, durante la conferenza stampa alla presenza di Bottoni, di Adriano Nardi (responsabile dell’archivio Nardi) e della famiglia dell’illustratore –. Con Nardi, invece, Ferrara rivela la portata ampia e globale del valore dei suoi artisti. L’amministrazione investe in un pilastro assoluto per la città e per il territorio: il patrimonio artistico ferrarese".