Ferrara, 14 maggio 2023 – Udienza dopo udienza non si riesce a capire come sia stato possibile attendere 34 anni, e forse ce ne vorranno ancora per ottenere una credibile e definitiva verità giudiziaria sull’omicidio di Donato Denis Bergamini, il calciatore argentano ucciso il 18 novembre 1989 in provincia di Cosenza. Come sia stato possibile non far emergere prima le macchinazioni, le incongruenze e i depistaggi di due inchieste finite in altrettanti ’nulla di fatto’, quando anche all’interno dello stesso nucleo famigliare Internò c’erano dubbi su quanto raccontato. Perplessità e timori che la realtà dei fatti prima o poi emergesse, che trasudano dalle conversazioni, a tratti violente, tra Roberto Internò, cugino di Isabella, ex fidanzata e unica imputata per l’omicidio del calciatore e la moglie Michelina Mazzuca. Entrambi ascoltati nell’ultima udienza davanti alla Corte di Assise, l’8 maggio scorso. Numerosi i passaggi in cui lui – che la sera dell’omicidio accompagnò lo zio Franco (padre di Isabella) a Roseto Capo Spulico a riprendere la giovane – discute e minaccia la moglie, chiamata a testimoniare nell’ambito della terza inchiesta. Siamo nell’aprile del 2019 e Michelina è stata convocata per raccontare che cosa sa della sera in cui Bergamini morì. Il marito teme quello che potrebbe raccontare. Perché? Quali paure aveva se si era trattato di un suicidio?
Le intercettazioni. "Miché meno parli e meglio è. E’ una cosa seria" , dice lui con veemenza alla moglie. Ma lei non demorde. È ossessionata dalla deposizione che dovrà fare pochi giorni dopo. Mentre il marito è palesemente infastidito dall’insistenza di lei di sapere che cosa era accaduto quella sera di novembre. "...a me la rovina mia è lei...non mi posso fidare...quella ci condanna tutti" , a parlare è ancora il cugino dell’imputata con sua suocera, e si lamenta del comportamento della moglie. Ma ci condanna tutti, perché? Perché lei non è convinta di come si sono svolti i fatti. Di chi era già a Roseto Capo Spulico e di chi no. E soprattutto della ricostruzione raccontata dal marito. "Hai capito?...hai capito quello che voglio dire (Michelina rivolgendosi al marito) ...cari falsi che non siete altro, che fate questa recita...vi metterei con una mitragliatrice, come un kamikaze, li metterei in fila a un muro e li sparerei tutti quanti". Secondo gli inquirenti che hanno ascoltato le conversazioni le frasi della donna sono rivolte ai parenti del marito, con i quali lei non aveva buoni rapporti. E sui quali come emerge da molti altri passaggi, nutriva seri dubbi. Atteggiamento che aveva portato il marito, ripetutamente, a temere ciò che la donna avrebbe potuto raccontare. "Quella è una mina vagante" , si lamenta Roberto in merito all’ossessione della moglie sulla testimonianza. Una mina vagante per che cosa? Quali sono i timori del cugino dell’imputata? E’ la stessa moglie a fargli questa domanda, durante una conversazione. "Ma tu che devi temere? e tu dove eri? eri qua!" . E lui risponde "..io non temo niente" . E lei ancora "..e allora sta tranquillo" . In un sussulto, uno dei pochissimi, di orgoglio, senza essere imbeccato da lei, aggiunge. " ...io non temo niente perché non ho fatto niente! Io sono solo andato a prenderli con la macchina ". E lei ancora " stai tranquillo, loro voglio solo sapere come mai ti ha chiamato a te tua cugina per andare a prenderla ". E lui dopo avere ripetuto più volte che non ha chiamato direttamente lui, esplode ancora e con violenza le risponde " a me mi ha chiamato mio zio....a me mi ha chiamato mio zio...era già là...parla di meno, meno parli e meglio è. Parla di meno". Un mantra quasi è diventato l’ammonimento alla moglie di stare zitta. Ma ciò che colpisce in questa conversazione tra marito e moglie, è la collazione per la prima volta dello zio Franco ’già là’. Cioè il padre di Isabella Internò era già a Roseto Capo Spulico? Oppure in quale altro luogo intende il nipote.
L’interpretazione. Una delle interpretazioni delle trascrizioni più importante per gli inquirenti riguarda la ricostruzione di dove fossero i parenti di Isabella al momento della morte di Bergamini. Secondo chi ascoltato e trascritto le intercettazioni, acquisite agli atti del processo ancora in corso davanti alla Corte di Assise di Cosenza, "sono emerse contraddizioni – si legge – tra quanto dichiarato da Roberto Internò, nel corso della precedente indagine (la seconda archiviata) con le dichiarazioni rese dalla moglie Michelina Mazzuca in questa (la terza riaperta nel 2017) in merito a chi fosse presente alla riunione di famiglia quel sabato 1989". Riunione di famiglia che di fatto è una sorta di alibi per convincere gli inquirenti che Isabella e Denis nelle ore prima del ritrovamento del cadavere erano da soli. Ma allora Isabella, imputata per concorso in omicidio, insieme a chi avrebbe ucciso l’ex fidanzato? A tutto questo va aggiunto che a maggio 2013, lo stesso Roberto, dopo essere stato ascoltato dagli inquirenti di allora, si premura di telefonare al fratello Dino Pippo per "rassicurarlo di avere detto che anche lui, Dino Pippo, si trovava a casa dei genitori di Isabella. Nel tentativo, pare chiaro, di costruire un alibi a componenti della propria famiglia, che evidentemente non possono produrre diversamente". E i misteri, purtroppo, continuano.