Il prefetto gli porge la medaglia d’onore, al suo fianco il sindaco di Portomaggiore Dario Bernardi. E’ un tributo alla memoria di suo padre, Francesco Piovaccari, fante, rastrellato dopo l’otto settembre. "Quando tutta l’Italia era allo sbando, nessuno sapeva più cosa fare, quello che stava succedendo", racconta Liviano, il figlio del deportato, scomparso troppo presto. Quando il pensiero va a lui, forte il dolore.
"Non gli piaceva raccontare – ricorda –, mi accorgevo che soffriva. Quando in televisione scorreva un film sull’olocausto, sui campi di concentramento, lui si alzava dalla sedia e andava in un’altra stanza". Ricordi di bambino quelli di Liviano, di mestiere fotografo. A Portomaggiore il suo nome è associato ad uno scatto che magari viene conservato su una mensola, volti del paese. Quanti ne ha ritratti. "Ero solo un bambino, ero molto curioso. Ero portato a fare domande perché sapevo quello che era successo, quello che aveva passato. Chiedevo, anche le cose più strane, quelle domande che fanno i bambini e che a volte sembrano un po’ sciocche". Ma alla fine sciocche non sono. "Volevo sapere cosa mangiavano nei campi di concentramento, durante la guerra". Un giorno da un cassetto, da un angolo un po’ nascosto è anche apparso un diario, poveri fogli dove suo padre aveva scritto date, nomi di città. C’erano orari, le partenze dei treni. Ancora non riesco a capire come abbia potuto tenere nascosto quel diario". Francesco Piovaccari, fante, è stato alcuni anni nei campi di concentramento. "A volte veniva spostato, li trasferivano in un altro campo – recupera frammenti di memoria –. Un giorno il campo di lavoro venne bombardato, provarono a fuggire. Ma, in quella confusione, sbagliarono direzione. E finirono di nuovo in mano ai tedeschi".
Sente il nome di suo padre, si commuove. Non è il solo a voler ricordare, a voler ricostruire la storia. La figlia Serena ha discusso la tesi di laurea proprio sulla memoria, raccogliendo documenti, immagini, video, file. Liviano fa una pausa, dice: "Davanti al suo dolore, io bambino, ho smesso di chiedere. Vedevo nei suoi occhi tutta quella sofferenza". Bernardi ha la fascia tricolore, guarda la medaglia, con impresso quel nome Francesco Piovaccari. Anche per lui è motivo d’orgoglio, simbolo di rispetto per un cittadino di Portomaggiore.
m. b.