CRISTINA RUFINI;
Cronaca

Maltrattamenti e abusi: "Moglie come schiava, violentata e picchiata". Condannato a otto anni

Il marito, 66 anni, costringeva la consorte a mangiare solo gli avanzi e a subire violenze sessuali. Voleva che accogliesse in casa la sua amante.

Maltrattamenti e abusi: "Moglie come schiava, violentata e picchiata". Condannato a otto anni

di Cristina Rufini

Impossibile stilare la classifica di quale tipo di maltrattamento può fare più male, se quello fisico, le botte per intendersi, o quello psicologico (poter mangiare solo gli avanzi del marito, o essere costretta a stare con lui in bagno per poi tirargli lo sciacquone, o accettare di fare il bagno marocchino all’amante del marito, solo per fare alcuni esempi), ma certo il calvario che ha vissuto la moglie di uomo di 66 anni di origini giordane, ma con nazionalità italiana è stato un inferno di soprusi e vessazioni, tese all’annullamento della dignità personale. Oltre che di violenze fisiche. Mesi di vita allucinante che all’imputato ieri sono valsi la condanna a otto anni di reclusione per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale continuata nei confronti della moglie di nazionalità marocchina. La sentenza letta dal presidente del Collegio giudicante, Piera Tassoni, è arrivata dopo la testimonianza dell’amante dell’uomo e dopo una minuziosa ricostruzione dei mesi di vita matrimoniale, tramite chat e foto e il racconto della vittima.

La ricostruzione. L’imputato e la vittima si conoscono via internet nel 2017. Iniziano una relazione, che pian piano si intensifica, fino al 12 febbraio del 2020, quando lui dall’Italia va in Giordania per sposare quella che poi diventerà la sua vittima, una donna marocchina di 49 anni. Lui torna in Italia, lei non può fino ad agosto del 2020. Nel frattempo, però, ad aprile, riceve sul cellulare alcune foto che ritraggono il marito con un’altra donna, la quale risulterà essere la sua amante. La moglie chiede spiegazioni, lui le dice che si tratta di una conoscenza vecchia. Non è così. Tanto che a un certo punto, lui chiederà alla moglie di accogliere in casa la donna come sua amante. La quarantanovenne riesce ad arrivare in Italia, a Ferrara, il 21 agosto del 2020. Da qui inizia l’inferno: l’impossibilità di lavarsi quando vuole, dover cucinare per lui e per suo figlio (di una precedente relazione) e lei poter mangiare solo gli avanzi lasciati nei lori piatti, in un secondo momento. L’impossibilità di uscire da sola. Il doverlo seguire in bagno per poi tirargli lo sciacquone: "Ero di fatto la sua schiava", dirà più volte la vittima. Le botte, il clima di terrore. E le violenze sessuali, i rapporti sessuali suibiti ripetutamente sotto la minaccia della violenza. Fino alle due richieste che hanno portato alla rottura: lei avrebbe dovuto lavare l’amante di lui, e avere rapporti sessuali con gli amici dell’imputato. Al rifiuto, lui l’ha buttata fuori di casa, di sera, in pigiama senza soldi. E’ rimasta senza mangiare per 72 ore. Sfinita, ma da qui la forza di denunciare.

Il processo. Ieri la conclusione con il Collegio giudicante che ha di fatto accolto in toto la richiesta del pubblico ministero Stefano Longhi: la condanna a otto anni di reclusione per maltrattamenti e violenza sessuale continuata. Sentenza letta al termine della camera di consiglio seguita a un’udienza durante la quale era stata ascoltata anche l’amante, in un interrogatorio a dir poco ’reticente’, che ha indotto il Collegio a inviare gli atti al pm per indagare sulla presunta falsa testimonianza della donna. "Sono soddisfatta di come si è concluso il processo – commenta l’avvocato Sara Bruno, che ha assistito legalmente la moglie – e di come il pm e i giudici del Collegio si siano adoperati per ricostruire l’intera vicenda, non certo facile, e di come la mia cliente sia risultata assolutamente credibile".