
Levato, medico con Forza Italia: "Vorrei dare voce ai cittadini. Pronto soccorso e attese, ecco come si può migliorare"
Medico vecchia scuola - di quelli che, per intenderci, parlano ancora con i pazienti - con la passione per la politica, dopo un passato nel Pdl e qualche anno di pausa, Francesco Levato ha deciso di tornare nell’agone.
Perché si è candidato alle prossime amministrative?
"Sono a Ferrara dal 1984, faccio il medico da 40 anni e potrei andarmene in pensione fra cinque anni ma credo che, per l’esperienza maturata, grazie soprattutto alla città, posso dare voce a chi voce non ha e a chi lavora nella sanità ed è a contatto tutti i giorni con il cittadino-paziente, per dare risposte che spesso non arrivano".
Perché ha scelto Forza Italia?
"Nel 2009 ero capogruppo del PdL in consiglio comunale, poi ne sono forzatamente uscito e, di recente, alcuni amici mi hanno invogliato a rientrare. FI è un partito moderato, liberale, europeista e con il quale si può lavorare senza estremismi".
In materia sanitaria hanno competenze governo e Regione: cosa potrà fare un consigliere o assessore comunale?
"Mi basterebbe essere eletto consigliere ed essere di supporto al sindaco nella programmazione e nel controllo sull’operato del direttore generale nonché nell’azione di indirizzo e controllo sulle politiche sanitarie regionali attraverso la Conferenza territoriale. Ma sopra ogni cosa vorrei farmi portavoce dei disagi che ogni giorno incontra il cittadino qualunque per avere assistenza ospedaliera specialistica e territoriale".
Da medico e aspirante consigliere comunale, quali sono a suo giudizio le principali criticità della sanità ferrarese?
"Premesso che l’analisi delle emergenze ed eventuali soluzioni fattibili a livello locale dovrebbero interessare tutti i partiti e tutti i candidati, al di là degli schieramenti, la prima cosa importante da fare, come amministrazione comunale, è sensibilizzare a potenziare le sinergie multi professionali che devono fornire servizi alla comunità".
Ci faccia un esempio...
"Si riducono i posti in ospedale e non si potenzia il territorio. Il mondo ospedaliero prosegue con i suoi percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali senza un iniziale coinvolgimento dei medici di medicina generale. Poi serve la piena attuazione del decreto ministeriale 77, che prevede una integrazione e collaborazione tra tutte le figure professionali che operano sul territorio e non in sostituzione l’una con l’altra. Faccio un esempio: l’infermiere di famiglia e di comunità ha un ruolo importante ma deve agire in collaborazione e integrazione con le altre figure professionali del territorio, medici di medicina generale e specialisti convenzionati".
E questo non sta succedendo a Ferrara?
"Lo stiamo sollecitando da tempo. Ma c’è un altro aspetto. I professionisti da coinvolgere come infermieri nel ruolo di Ifec (infermiere di famiglia e comunità, ndr) non devono lasciare scoperti altri servizi infermieristici. E aggiungo: la riduzione dei posti letto a livello ospedaliero, che si cerca di bilanciare con i posti letto dell’OSCO, bisognerebbe riportarli in posti letto esclusivamente a gestione assistenziale ed esclusivamente ospedaliera".
Altre emergenze, gliene suggerisco due: pronto soccorso intasato e liste d’attesa.
"Parto dal Pronto soccorso: i Cau previsti dalla Regione Emilia Romagna dovrebbero essere ubicati nelle vicinanze di un Pronto soccorso. L’organizzazione del territorio dovrebbe dare origine ai Centri di assistenza territoriali, previsti dal nuovo accordo collettivo nazionale per la medicina generale".
Ci faccia capire: sostitutivi quindi degli attuali Cau?
"Sì, non più previsti dalla convenzione stessa".
Alla luce di queste riflessioni, e della recente bocciatura dei bilanci aziendali, qual è il suo giudizio sull’attuale direzione generale e sullo stato di attuazione della fusione tra le due aziende sanitarie?
"Circa la fusione non si può che essere d’accordo, legge permettendo. La direzione generale, tenendo conto che ha dovuto gestire anche l’emergenza Covid, ha operato bene attenendosi alle direttive regionali".
Quindi, mi faccia capire, il problema è nella Regione?
"Sì. Probabilmente qualcuno in Regione pensa di organizzare l’assistenza territoriale portando i medici di medicina generale alla dipendenza".
Parliamo di liste d’attesa: di recente la Regione ha illustrato un piano di smaltimento.
"A monte è necessario un lavoro sull’appropriatezza alla richiesta di visite specialistiche che veda coinvolto il cittadino, i medici di medicina generale e gli specialisti privati, convenzionati e dipendenti. Importante aumentare il numero delle prestazioni specialistiche prenotabili affinché la pre-lista, prevista dalla Regione, non diventi la vecchia ‘presa in carico’ che bloccava le ricette e che ha dato seguito a poche prenotazioni. Importante, inoltre, permettere ai medici di medicina generale di fornire prestazioni specialistiche di base. Quindi la strada intrapresa è giusta ma sono necessari alcuni correttivi".
Parliamo di Università e abolizione del numero chiuso a medicina: che ne pensa?
"E’ sbagliata la preclusione al tentativo del governo di abolire il numero chiuso ai corsi di laurea magistrali in medicina e chirurgia, odontoiatria e medicina veterinaria. Più utile collaborare per migliorare la proposta e condividere che l’iscrizione al secondo semestre possa avvenire sulla base del fabbisogno di professionisti valutabili in tempi brevi. L’università, inoltre, può concorrere ad aumentare il turismo e i pernottamenti in città".
Come?
"Mediante la creazione di un tavolo di programmazione con uno specifico manager che veda Comune, Unife e operatori del settore lavorare per il turismo congressuale ma anche i corsi di laurea per i quali i familiari dei futuri laureati necessitano di ospitalità".