MATTEO LANGONE
Cronaca

Le giornate infinite dei tassisti senza clienti: "Come questa primavera, non si lavora più"

Piazza Savonarola e la stazione invase da taxi a motore spento: "Siamo presenti giusto per senso civico, almeno se qualcuno ha un’emergenza ci trova. Ma non ci sono turisti, nè universitari o uomini d’affari". La speranza: "Forse se si tornasse zona gialla..."

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di Matteo Langone

I taxi fermi, i tassisti a piedi. Piazza Savonarola, così come la stazione, è invasa da auto bianche: il motore è spento, i passeggeri ormai solo un lontano ricordo. "Non ci sono turisti, non ci sono ragazzi universitari, non esiste la movida notturna, non ci sono le corse dei parenti verso l’ospedale in quanto le visite sono proibite – analizza lucidamente Riccardo Reggiani –: per noi tutto questo equivale a una mancanza di lavoro che si aggira attorno all’80%, o forse anche qualcosa di più. Il problema è che è così da marzo; una piccola ripresa c’è stata a settembre, ma è stata subito vanificata da questa seconda ondata". La settimana, insomma, passa lenta. Anzi, paradossalmente, è proprio dal lunedì al venerdì che qualcosa, seppur coi giri al minimo, si muove. Poi l’arrivo del weekend spegne ogni timido sorriso. "Va male – ammette senza mezzi termini Giovanni De Pietro –. Forse, con un ritorno a ‘zona gialla’ e l’apertura dei confini comunali, qualcosa potrebbe leggermente migliorare: ma è solo una speranza. Con le aziende e le imprese che lavorano in smart working, non abbiamo nemmeno gli uomini d’affari come clienti".

Insomma, ogni singola chiamata viene accolta quasi come un miracolo. Si prende su e si va, sperando che sia solo la prima della giornata e non, di fatto, l’unica. Il traffico dei taxi si è talmente ridotto che, da primavera, i turni sono stati ridisegnati: si lavora in media due giorni e mezzo a settimana. Anche durante l’estate, quando il Covid sembrava aver spento la propria forza contagiosa, la tabella di marcia era rimasta invariata. Quasi ci si attendesse una seconda fase di stallo. "Siamo presenti in città giusto per senso civico – precisa Alessandro Neri –. Almeno se qualcuno ha bisogno o ha un’emergenza ci trova e noi lo accompagniamo nel luogo che ci indica, ma siamo a livelli minimi. Il governo ci ha aiutato, sia dopo il primo lockdown, sia a novembre: ma poi le tasse si pagano ugualmente e alla fine il guadagno non c’è".

E c’è un altro, grande, problema. La paura della gente. "Rispetto alla prima ondata di contagi – prosegue Neri – oggi forse c’è ancor più timore. Ora che si conosce questo virus, le persone faticano a prendere un taxi". E, come detto, non è un problema di zone o quartieri: non esiste una porzione di Ferrara più favorevole. Le auto bianche sono ferme in piazza come davanti alla stazione ferroviaria come negli altri punti noti della città. "Essendo tutto chiuso la gente non si sposta – sottolinea Marcello Zaccarini –. Non ci sono mostre, non c’è il cinema, non c’è il teatro. Non arrivano praticamente più nemmeno i treni, quindi non c’è traffico". La rabbia dei primi tempi, insomma, si è trasformata in rassegnazione. Il virus ha sconvolto le abitudini di tutti e, di conseguenza, anche il lavoro di chi trasporta passeggeri in giro per il territorio. "Da quanto so – conclude lo stesso Zaccarini – non è che però Ferrara faccia eccezione. Anche i colleghi che lavorano in altre città sono messi uguale. La situazione è critica ovunque". Mal comune, mezzo gaudio? Niente affatto. Non in questo caso. Ognuno, come è giusto che sia, pensa a sé, ma trovare una soluzione non è facile. Anzi, forse è materialmente impossibile. Serve solo attendere che tutto passi per poter poi finalmente riaccendere quel motore che da mesi lavora, ormai, al minimo.