
Berco annuncia 480 esuberi, Regal Rexnord caccia 77 dipendenti con una Pec. Tabula rasa in un fazzoletto di terra. Ma la crisi industriale si trascina da vent’anni.
Tira nuovamente una bruttissima aria nel mondo del lavoro ferrarese dove nel giro di appena 48 ore, due aziende metalmeccaniche hanno annunciato l’esubero di 557 persone. La Regal Rexnord (ex Tollok) di Masi Torello, 77, e subito dopo la Berco di Copparo, 480 (più altri 70 colleghi dell’altro stabilimento di Castelfranco Veneto). Insomma, se non siamo davanti a una potenziale carneficina, poco ci manca. E a generare rabbia su rabbia di chi rischia di restare a casa dopo anni di sudore e fatiche, è il modus scelto nella comunicazione di tali decisioni. Già, perché la ’Regal’, multinazionale americana che produce componenti per pale eoliche, ha informato i 77 operai tramite una sterile Pec. Produzione delocalizzata in India, addio stabilimento di Masi Torello – paese di nemmeno 2400 anime a venti minuti dalla città –, ma soprattutto addio posto di lavoro. "Un cinismo inaccettabile", gridano gli operai che dall’altro giorno sono piazzati davanti ai cancelli dell’azienda e attendono qualche miracolo dai sindacati che proprio oggi avranno un incontro con Confindustria. Un calo importante del fatturato c’era stato, ma l’azienda, spiegava Jannifer Pavani di Uilm, "aveva rassicurato che a settembre avrebbe chiesto la cassa integrazione".
A sedici chilometri da Masi, c’è Copparo, 16.500 abitanti. Copparo che significa Berco, "azienda storica – tiene a ribadire la stessa – leader mondiale nella produzione di sottocarri". Ma che ieri, in due pagine di lacrime e sangue, ha ufficialmente annunciato di "dover affrontare una fase di profonda trasformazione, resa necessaria dalle difficili condizioni di mercato e dal contesto geopolitico globale". Con l’aggiunta di vedersi "costretta a prendere misure straordinarie per salvaguardare la propria competitività nel medio-lungo periodo". Tradotto: "Un rilevante numero di esuberi" con l’aggiunta della "cancellazione delle parti economiche del contratto integrativo". Ad annunciare i numeri ci hanno pensato i sindacati, riuniti nel pomeriggio in ’plenaria’ davanti ai giornalisti per l’annuncio: 550 licenziamenti spalmati in un piano che l’azienda vorrebbe realizzare in tre mesi. "Follia", commentano le sigle le quali da venerdì torneranno al tavolo con i vertici Berco.
In 12 anni, dalle parti di Copparo, le produzioni dell’ex colosso si sono ridotte a un terzo e il personale è sceso a quota 1200. "Serviva un piano di reindustrializzazione – chiosa Massimo Zanirato della Uil Emilia Romagna –, si è scelto invece di investire sui licenziamenti". Poi l’aggiunta: "Qui serve un piano Marshall: occorrono scelte politiche che per una volta dirottino, prioritariamente, risorse pubbliche e private nel ferrarese".
Insomma, l’ennesima scure che si abbatte su un territorio già sterile di suo e che negli anni ha visto dai colossi alle piccole realtà saltare per aria in serie, lasciando sul lastrico migliaia di famiglie. Chi ’semplicemente’ chiudendo i battenti per "delocalizzare" in altri mondi, chi finendo in tribunale. Da queste parti c’erano una volta la gloriosa Coopcostruttori di Argenta e la Cmr di Filo, ovvero il quarto colosso edile d’Italia e la prima cooperativa del Ferrarese con mani su gran parte dello Stivale. Di loro sono rimaste le sedi zeppe di ragnatele: entrambe fallite nel 2003 e nel 2010. Per non parlare dell’intero satellite che gravitava attorno all’ex colosso comandato da Giovanni Donigaglia, capace di mettere a stipendio 2.500 persone e acquistare la Spal: dalla Felisatti alla Fornace, fino alla ex Cercom, il cui brand rese celebri le maglie della gloriosa squadra di basket che si regalò una magnifica A2 all’inizio degli anni ’90. Tutte chiuse e addio lavoro. Stessa sorte per altri colossi che fecero la felicità dei ferraresi come la Stayer di Chiesuol del Fosso, negli anni ’90 leader dell’utensileria meccanica, 300 dipendenti e un fatturato da 15 miliardi di vecchie lire (nel 2004 il crack). O la Reynolds Wheels, 400 dipendenti chiusa nel 2007, e la Bbs di Ruina di Copparo. Crisi generalizzate e scelte sbagliate che hanno impoverito sempre più l’intero territorio – che nel 2017 ha perso pure la sua storica banca, la Cassa di Risparmio di Ferrara –, il quale oggi rischia l’ennesima ecatombe.