L’artista delle pareti: "Scarabocchi e vandali, i simboli del passato meritano grande rispetto"

Alessio Bolognesi, 45 anni, ingegnere elettronico, sui muri si firma ‘Bolo’ "Sbagliato imbrattare capolavori". Il writer lancia un appello a creare spazi.

L’artista delle pareti: "Scarabocchi e vandali, i simboli del passato meritano grande rispetto"

L’artista delle pareti: "Scarabocchi e vandali, i simboli del passato meritano grande rispetto"

Si chiama Alessio Bolognesi, 45 anni, ingegnere elettronico, sui muri semplicemente ‘Bolo’. "Sono un muralista, faccio grandi opere sulle pareti. In questo periodo racconto con i miei disegni l’ambiente, il rapporto tra uomo e animale. Ho realizzato un gigantesco procione in una parete della scuola Matteotti", racconta, lui che ha sempre disegnato, da quando era un ragazzino. "E’ una cosa naturale", precisa.

E punta il dito contro gli scarabocchi, antica maledizione della statua in piazza Ariostea. "Quando vedo che rovinano così i monumenti, il sangue mi va alla testa. Quello è vandalismo e basta. Non ha niente a che fare con noi, che abbiamo una forma di rispetto assoluta nei confronti dell’arte". Da ragazzino anche lui ha fatto, lo definisce, qualcosa di non consentito. "Il nostro obiettivo è portare il bello, la luce dell’arte magari su pareti degradate, nei luoghi abbandonati, per dare nuova vita a muri di calcestruzzo, capannoni grigi. Certo ci sono punti di vista. Per me una parete dietro un garage che acquista colore è una cosa bella, per il proprietario del garage magari no. Resta un principio che ci contraddistingue. I tanti ragazzi che conosco, che fanno murales, graffiti hanno tutti un grande rispetto per il passato e per i monumenti". Lui, come altri, ha fatto in questo mondo la gavetta. Dai primi passi fino a trasformare la sua arte in una professione. Un tasto dolente. "Il mi appello – esorta – è rivolto a chi gestisce spazi pubblici, di aprirci le porte, per dare il nostro contributo contro il degrado della città". Ci sono un po’ di differenze in questo mondo. La street art, ancora molto legata al sommerso, ai muretti scavalcati di notte, fa un po’ l’occhiolino all’illegalità. "Sì ci sono, sono tanti. Del resto fa parte del gioco, molti di loro li conosco e adesso sono diventati artisti affermati a livello mondiale. Del resto ci sono bravissimi poliziotti che magari quando erano bambini non sono riusciti a trattenersi davanti alla tentazione di portare via un sacchetto di patatine. La vita è complessa, la sfida che un ragazzo vuole vivere può trasformarsi poi in un mestiere. Soprattutto se attorno hai un mondo di artisti, spazi dove poterti esprimere. Anche questo è un modo per evitare forme non consentite, che devono però avere l’etica del rispetto dell’arte".

I sottopassi di Ferrara portano la loro firma, la firma di ragazzi che qualche anno fa si trovavano proprio in città. "Sono rimasti così, nessuno di noi li ha più toccati. Ci sono invece dei ragazzini che vanno a disegnarci sopra, non va bene". Lui e altri artisti fanno parte del collettivo Vida Krei. "Adesso non c’è nemmeno più lo studio, ma noi ci siamo. Siamo alla fine un gruppo di amici, abbiamo fatto insieme tanti progetti, al Barco, le scuole ci contattano. Davamo vita ad eventi liberi, come fossero jam session. Erano feste della creatività, un modo per confrontarci, la gente si fermava a guardarci. Ebbene tutto questo è sparito". Qualcuno conosce ancora la ’cifra artistica’ che lasciava sulle pareti della città, la sua tavolozza, negli anni nei quali forte era la voglia di esplorare. Adesso va nelle scuole, crea le sue opere, fa agli studenti lezioni sull’arte. "Chi getta barattoli di vernice e imbratta? Serve rispetto per i capolavori. Avranno le loro ragioni ma c’è luogo e luogo per esprimerle".

Mario Bovenzi