FEDERICO VARESE *
Cronaca

L’analisi di Varese: "La sinistra ha perso perché non ha saputo ascoltare e capire"

Il professore a Oxford sulle amministrative: "Tra europee e comunali mancano 6.400 voti. Ma la sconfitta non è solo del Partito Democratico" .

L’analisi di Varese: "La sinistra ha perso perché non ha saputo  ascoltare e capire"

L’analisi di Varese: "La sinistra ha perso perché non ha saputo ascoltare e capire"

Il nuovo consiglio comunale si è appena insediato ed è palpabile l’emozione degli eletti. E chissà come erano emozionati i consiglieri che si insediarono nel 1946, dopo vent’anni di regime fascista. Tra di loro vi era anche mio nonno, Claudio Varese, un insegnante sardo socialista approdato a Ferrara all’inizio degli anni Trenta. I riti laici della democrazia non erano affatto scontati per quella generazione. Nel 1946 il PCI ottenne il 43% dei voti, mentre il PSI il 30%. Sebbene di poco, il risultato locale fu migliore di quello per la Costituente. Lo stesso non può dirsi dell’esito del 9 giugno 2024. Per quanto dolorosa, dobbiamo compiere un’analisi impietosa dei risultati e chiederci cosa possono fare i progressisti per tornare a vincere in questa città.

A Ferrara, su 160 seggi, la sinistra ha prevalso in quattro e pareggiato in altrettanti. La mappa del voto è un mare blu con pallini rossi quasi invisibili. La lista del candidato sindaco ha raccolto meno del 6%, mentre quella di Alan Fabbri il 30,56%. Il confronto con i risultati delle Europee è impietoso: il 31% degli elettori vota PD per il Parlamento di Bruxelles, mentre nel Comune sceglie quel partito solo il 22,51%. Mancano all’appello più di 6.400 voti (il 9%). Alcuni dicono che è fisiologico per un partito ottenere meno voti nelle consultazioni locali (dove corrono liste civiche) rispetto alle nazionali. Eppure il PD a Ferrara registra, rispetto al resto della regione, lo scarto maggiore (in negativo) tra i due risultati. Questo scarto è addirittura aumentato rispetto all’altro esito catastrofico del 2019.

Mentre il PD di Elly Schlein e Stefano Bonaccini (oggi alleati) guadagna voti, l’organizzazione locale ne perde. Il PD non parte da zero ovviamente: I consiglieri eletti segnano un rinnovamento importante per il futuro. La sconfitta non è solo del PD. Anche M5S e Sinistra-Verdi perdono voti rispetto alle Europee. Quando il gruppo de La Comune decise di costituirsi come lista alternativa, i suoi esponenti sostennero che avrebbero frenato l’astensionismo di sinistra. Questo non è avvenuto. Zonari è stata eletta con appena il 3,9%, un risultato molto lontano da quello di Fusari nel 2019 (8,63%). Molti oggi criticano la campagna di Fabio Anselmo, che si è impegnato con generosità. Il limite di quella candidatura era a monte: il dialogo iniziato a sinistra è stato bruscamente interrotto, senza organizzare primarie di coalizione per tempo. Si è voluto forzare quando bisognava invece allargare e costruire.

Stupisce che i partiti della coalizione perdente non abbiano usato bene i moderni strumenti della politica per capire cosa volessero i ferraresi. I sondaggi possono orientare la campagna elettorale e identificare aree dove concentrare risorse e dibattito. Non basta fare una domanda secca sui nomi all’inizio della campagna (Calafà vs Anselmo) ed una in corsa d’opera, sempre sui nomi e senza metodi scientifici. La sinistra non ha perso perché incapace di comunicare (una tesi molto diffusa e assolutoria), ha perso perché non ha saputo ascoltare e capire.

Il Comune interagisce con la Provincia, dove la sinistra perde quasi dappertutto. Serve dunque un metodo e un progetto per tutto il Ferrarese se si vuole evitare l’ennesima debacle nel 2029. Bisogna uscire dalle Mura e individuare subito pochi temi chiave. Vanno poi fatte iniziative pubbliche che propongano soluzioni chiare. Bisogna ascoltare, studiare e non improvvisare. Con umiltà e coraggio dobbiamo sforzarci di essere degni eredi di chi fu eletto in quel lontano 1946.

* docente nelle Università

di Oxford e Parigi

(Sciences Po)