
La statua di Vittorio Emanuele II, uno dei padri dell’unità d’Italia, risale al 1889
Nel nome di sua maestà. Esattamente non sappiamo se si tratti di un afflato risorgimentale o di una ritrovata affezione a uno dei più significativi tributi al padre della Patria unita. Ma, attorno alla statua di re Vittorio Emanuele II si è (ri)acceso un interessante dibattito che sta portando a una curiosa convergenza politica: maggioranza e opposizione sono concordi nel ricollocarla in uno dei parchi più belli di Ferrara. O il Massari o il Pareschi. A sollevare il problema della collocazione della statua di Sua altezza Reale, il cui nome biancheggia sul marmo del Vittoriano in piazza Venezia, è stato un documento del Pd. Ed è stato l’assessore alla Cultura, Marco Gulinelli, a incaricarsi di rispondere dalle colonne del Carlino. Una premessa, è doverosa: la scultura realizzata dall’artista Giulio Monteverde ha da sempre un’avversa fortuna. Non c’è mai stata, nei fatti, una collocazione definitiva. Tant’è che ora, dopo anni di regale randagismo, il monumento dedicato al re galantuomo riposa malconcio nei magazzini municipali.
"L’inaugurazione della statua – spiega l’assessore Gulinelli – avvenne nel 1889, benché il via libera alla realizzazione dell’opera venne dato dalla giunta comunale dell’epoca nel 1880. Inizialmente, fu posta nelle pertinenze del sagrato della cattedrale. E, fin da subito, iniziarono lamentele e mugugni". A destare i malumori erano, per lo più, ragioni logistiche. "In quella posizione – prosegue – la statua ostacolava il traffico dell’epoca, in particolare quello delle carrozze". A quel punto, il dibattito su un possibile luogo alternativo si riaccende. Si pensava di posizionarla in piazza Municipale. "Ma furono i Repubblicani, all’epoca, a opporsi a questa decisione: non volevano la statua di re Vittorio Emanuele, accanto al palazzo municipale". Le lancette della storia ci portano avanti. Al 1924, per la precisione. "In quell’anno – ricostruisce Gulinelli – la statua fu spostata e posizionata in piazza Torquato Tosso. Poi, per un altro periodo, fu messa nella chiesa di San Nicolò e, infine, al palazzo dei Diamanti in quello che sarebbe diventato il museo del Risorgimento e della Resistenza". Fino al 2020, quando iniziò il restauro dell’immobile.
Ora, l’apolidia della statua, rientra nella fase più acuta. Tanto più che l’amministrazione aveva avviato dei ragionamenti sull’opportunità di posizionare l’opera proprio all’ingresso della nuova sede del museo, alla Casa della Patria dedicata a Pico Cavalieri. Coerentemente con la nuova vocazione dell’immobile. Ed ecco riaprirsi il dibattito per una "più concreta restituzione" dell’opera alla città. I parchi, appunto. Ogni ragionamento sul luogo, è comunque subordinato ai lavori di restauro di cui la statua necessita. Infatti, non solo nel corso dei decenni si è persa la spada del re ma anche il basamento originario – con l’allegoria di Ferrara – è andato perduto. Bisognerà ricostruirlo. Così come la spada. Pare servano circa 80mila euro e l’ipotesi è quella – anche attraverso il nostro giornale – di coinvolgere i privati con lo strumento dell’Art Bonus. Non prima di un consulto con la Soprintendenza. Quel che è certo è che la città rivuole la statua del re.