Adesso pensare a Luigi Marattin farà riecheggiare nella memoria il refrain di Sergio Leone. Al posto della Colt da cui partivano i colpi dei gringos, dalla prospettiva del deputato liberale, ci sono le idee. "Quando l’uomo con il ragionamento incontra l’uomo con lo slogan, quello con il ragionamento è un uomo morto". Probabilmente è questa, più di altre, la frase che sintetizza il senso del suo libro La missione possibile. La costruzione di un partito liberal-democratico e riformatore, (Rubettino) presentato ieri sera su iniziativa dell’associazione Ferrara Cambia, presieduta da Andrea Maggi in una sala del Libraccio stipata di persone. Marattin, stimolato dai moderatori Filippo Maggi e Annalisa Bilotta, sullo stato di salute della politca italiana è molto chiaro: "Una condizione penosa".
Alla determinazione di questa infausta circostanza, a suo dire, concorrono diversi fattori sicuramente non risolvibili nel sistema bipolare in cui ci troviamo oggi. "Ed è per questo – scandisce l’ex parlamentare – che la fondazione di un partito autenticamente liberale è l’unica cosa necessaria per questo Paese". Posto che "non siamo in tanti a pensarla così" e che "è più facile convincere l’elettore dandogli in pasto ciò che si vuol sentir dire, piuttosto che descrivergli la complessità della realtà". Nel suo lungo excursus, tra lo storico e il politico – a tratti perfino politologico (dote rara, va detto) – il deputato non rinnega il suo passato accanto a Renzi (ne quello nel Pd e, ancor prima, nella sinistra giovanile). Tuttavia non risparmia – tanto a destra quanto a sinistra – quelle che metaforicamente chiamiamo ‘badilate nei denti’.
"Nella destra di Meloni e Salvini, così come nella sinistra di Elly Schlein e Giuseppe Conte – analizza – assistiamo non solo a un livello drammaticamente basso della classe politica, ma a una contrapposizione tra tifoserie di ultras. Ed è per questo che ho deciso di fondare ‘Orizzonti liberali’ e di procedere in autonomia: non ha senso provare a temperare gli estremisti".
Sul lato più economico-sociale, l’analisi che propone Marattin è di una lucidità disarmante. D’altra parte – il piglio non aiuta ma si sa, chi lo conosce accetta le sue intemperanze caratteriali "nonostante da giovane fossi molto più impulsivo" - l’approccio analitico è quello del docente universitario, più che del politico. "Negli ultimi trent’anni – incalza – l’Italia è uno dei Paese che è cresciuto meno al mondo. Ed è difficile, tanto per la destra quanto per la sinistra attribuire colpe all’uno o all’altro schieramento: hanno governato entrambi. Gli errori sono stati molteplici, a partire dalla credenza diffusa che la spesa pubblica fosse la medicina che cura tutti i mali. Così come è assurdo pensare che la ricetta di ‘chiusura’ in se stessi dei Paesi a fronte di un mondo (e di un mercato) globalizzato possa funzionare". Fatto sta che ora "tutte le strutture socio-economiche del Paese risalgono agli anni ‘70". Dal sistema sanitario nazionale, passando per la riforma fiscale. La politica, dunque, e i partiti "devono essere diversi". "Non possiamo più avere formazioni politiche che somigliano a fan club e partiti personali. La leadership è importante, ma io vorrei partire dall’idea della società". Chissà, se nella folta e variegata platea, il messaggio è arrivato.