RUGGERO VERONESE
Cronaca

"La mafia, piovra nelle istituzioni Mio fratello si è battuto con forza"

Giovanni Impastato, fratello di Peppino (ucciso da Cosa Nostra nel 1978) ospite di Cgil e Unife. É stato intervistato dall’Unione Universitari, l’incontro per la presentazione del libro ’Oltre i cento passi’

"La mafia, piovra nelle istituzioni Mio fratello si è battuto con forza"

di Ruggero Veronese

"La mafia non è l’antistato, come molti affermano: è all’interno delle istituzioni, del tessuto economico e sociale. La mafia si serve dello Stato". È la storia di una lunga ma inesorabile trasformazione quella che emerge dal racconto di Giovanni Impastato, fratello di Peppino (ucciso da Cosa Nostra nel 1978) e ospite di Cgil e Unife per una serie di incontri pubblici e per la presentazione del libro "Oltre i cento passi". La trasformazione del crimine organizzato, che nel giro di mezzo secolo passa dal modello della mafia agreste, che sfruttava il lavoro dei braccianti, alla ‘piovra’ che si infiltra in ogni ambito delle istituzioni e della vita sociale. Una storia che la famiglia Impastato ha vissuto da vicino, come ha spiegato Giovanni in mattinata intervistato dall’Unione degli Universitari: lo zio Cesare Manzella era un boss, ucciso nel 1963 in un attentato dinamitardo, e anche il padre era "vincolato dal giuramento con la mafia". I fratelli Impastato vivono proprio quel decennio di trasformazione, gli anni ‘60, in cui la mafia esce dagli ambiti rurali, conquistando spazio e potere fino a stringere alleanze con la classe politica. Sono gli anni in cui 54 sindacalisti vengono uccisi dalla criminalità organizzata, tra cui lo stesso Peppino. "Anche lui fu fatto saltare in aria con la dinamite – racconta il fratello –. Nostro zio perchè era mafioso, e Peppino perché lottava contro la mafia". Una mafia oggi ancora più subdola e sfuggente, al punto che Impastato rifiuta di usare il termine ‘borghesia mafiosa’ entrato nel dibattito pubblico dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. "Fino agli anni ‘70 esisteva un intreccio tra i malavitosi e la borghesia, ma oggi no: ora la mafia è parte integrante della borghesia e si è diffusa in tutta Italia. Il suo potere non si misura più nel numero di omicidi o episodi di racket, che sono in calo, ma nel volume di affari delle sue attività finanziarie. Il suo patrimonio non è più costituito da attività fisiche come bar o ristoranti, ma da partecipazioni azionarie, fondi e investimenti di grande complessità. Mio fratello si batteva anche attraverso la disobbedienza civile, come fanno oggi Greta Thunberg e altri giovani. E anche questo mi fa pensare che Peppino è riuscito a dare un contributo".