Una doccia fredda, annunciata da giorni e che, paradossalmente proprio per questo, fa ancora più male ad una provincia, ad una storia che comincia anni fa quando Vezio Bertoni nel 1920 fonda a Copparo Berco, piccola impresa di riparazioni di macchine agricole, che cresce, si espande oltre i confini della nostra provincia e dell’Emilia-Romagna. Lavorare alla Berco era come vincere un terno al lotto.
Si sapeva, ma ieri tutto è cambiato. La proprietà annuncia, in un comunicato che arriva poco prima delle due del pomeriggio, "Un rilevante numero di esuberi". Quanti siano la direzione non lo dice. "Per il momento non ci sono altre dichiarazioni". Quel numero ha nomi e cognomi. Sono lavoratori che rischiano di trovarsi a casa, sono 480. Tanti su un totale di 1200 dipendenti. Berco annuncia, sempre con quel testo, la revisione del contratto integrativo. Anche se sottolinea che il dialogo con i sindacati è aperto. "L’azienda, leader mondiale nella produzione di sottocarri – si legge – si trova a dover affrontare una fase di profonda trasformazione, resa necessaria dalle difficili condizioni di mercato e dal contesto geopolitico globale. A fronte di una crescente richiesta di localizzazione della produzione vicino ai clienti, a discapito della globalizzazione, l’azienda si vede costretta a prendere misure straordinarie per salvaguardare la propria competitività nel medio-lungo periodo". Nonostante "gli sforzi intrapresi negli ultimi mesi per ridurre i costi operativi", Berco sottolinea la necessità di intervenire sul contratto integrativo aziendale con la cancellazione delle parti economiche in esso previste.
"Si tratta di scelte difficili – così continua il testo – che l’azienda ha preso con profonda consapevolezza dell’impatto che comporteranno. Decisioni che sono state prese con l’obiettivo di garantire la stabilità futura di Berco e di preservare la sua capacità di affrontare un mercato in rapida evoluzione. Siamo pienamente consapevoli del peso di queste scelte, che avranno un impatto diretto sui nostri dipendenti. Tuttavia, siamo convinti che siano misure indispensabili per rafforzare la nostra posizione competitiva e assicurare un futuro più stabile all’azienda – dichiarano i vertici Berco –. Vogliamo ribadire il nostro impegno a mantenere aperto il dialogo con i sindacati, lavorare insieme per individuare soluzioni che possano mitigare al massimo l’impatto sociale di questa riorganizzazione. Berco è pronta ad affrontare questa fase di cambiamento con responsabilità, aprendo un tavolo di confronto costante con i sindacati per discutere delle modalità di gestione degli esuberi e delle altre misure economiche, nell’ottica di tutelare il più possibile i lavoratori. La nostra priorità è salvaguardare il futuro dell’azienda e, con esso, quello della maggior parte dei nostri collaboratori. Restiamo disponibili a valutare proposte e soluzioni che possano ridurre l’impatto di queste decisioni, pronti a esplorare tutte le vie possibili per gestire questa fase delicata nel modo più responsabile". E ancora: "La riorganizzazione fa parte di un piano strategico più ampio, che mira a rispondere alle nuove esigenze del mercato globale e locale, garantendo all’azienda la flessibilità per affrontare le dinamiche competitive del futuro". Era una bottega, che si trasforma in un’officina e poi in una fabbrica. Berco cresce, una crescita che sembra inarrestabile. Durante la fine degli anni ’70 la famiglia Bertoni avvia il processo che porterà Berco ad appartenere prima al gruppo Hoesch, poi al gruppo Krupp e, alla fine degli anni ’90, a Thyssenkrupp. Oggi.