REDAZIONE FERRARA

La chef e la stella perduta: "Forse mi giudicano retrò"

Maria Grazia Soncini è alla guida della Capanna di Eraclio, locale aperto dal 1922 "Magari ha influito l’arredamento anni Sessanta. Oppure il menù tradizionale".

Maria Grazia Soncini, chef della Capanna di Eraclio, nel delta del Po

Maria Grazia Soncini, chef della Capanna di Eraclio, nel delta del Po

Ferrara ha perso una stella. Ma in molti scommettono che presto la riconquisterà. La stella in questione è quella che la Guida Michelin assegna ogni anno ai ristoranti del Bel Paese, un rito atteso e temuto da tutti i protagonisti della ristorazione. Una certa sorpresa ha dunque destato la stella tolta a ’La Capanna di Eraclio’, storico ritrovo per buongustai di varie province, da quelle venete alle romagnole e naturalmente ai territori emiliani. Il locale, anche se periferico (fra Codigoro e Jolanda di Savoia nel Basso Ferrarese), dal 1962 anzi dal 1922 come vedremo, non perde un colpo grazie alla famiglia Soncini, un’autentica garanzia di professionalità.

Chef Maria Grazia Soncini (da sempre a capo della cucina ndr), ci siate rimasti male… "Certo. Dal 1999, con l’eccezione di due anni, la Guida Michelin ci attribuiva la stella, con nostra grande soddisfazione. E la stella della Guida, che è per i viaggiatori, di fatto li invitava a una deviazione per venirci a trovare. Ne eravamo meritevoli". Vi sarete chiesti perché.

"Forse sono cambiati certi parametri? O magari ha influito il fatto che il nostro locale abbia un arredamento anni ‘60; forse non lo si immagina cosi un ristorante stellato. Si punta forse di più sui giovani? Oppure è troppo tradizionale la cucina? Anche se la stella è stata confermata per 50 anni a un altro ottimo ristorante emiliano di tradizione. In ogni caso è un loro insindacabile giudizio che io rispetto. Avere avuto la stella è un onore e un privilegio".

E un merito, dovuto a quali piatti secondo lei?

"Il nostro è un menù di pesce o di valle, insomma è una cucina della nostra zona. Mio nonno Luigi era di Goro".

Già, la sua famiglia: una storia da farne un libro.

"Proprio mio nonno nel 1922 avviò l’osteria con annesso emporio. Si trovavano qui tutti i salariati agricoli della zona; si beveva, si giocava a carte e si acquistava di tutto. Era un po’ il centro commerciale dell’epoca". Poi, dopo la guerra…

"L’emigrazione trasformò il centro commerciale in ristorante ma con annessi parrucchiera, barbiere, biciclaio e perfino sala da ballo; ci lavoravano tutti i fratelli. Il nonno insegnò a mia mamma le ricette della zona (pesca e valle) che proponiamo con orgoglio; ecco due esempi: anguilla ’a rost in umad’ e germano con cipolla e vino rosso".

Alberto Lazzarini