Metti un 22 dicembre a cena in un ristorante, un gruppo di "bravi ragazzi" vestiti – alcuni – con tute arancioni numerate come i detenuti di Guantanamo, che tra un bicchiere di vino e un boccone, danno vita a canti beceri nei confronti dei caduti di Nassiriya, Anna Frank, Filippo Raciti (il poliziotto ucciso fuori dallo stadio di Catania), l’ex azzurra Fiona May. E sempre tra una portata e un altro bicchiere, aggiungi pure qualche volantino e ’santino’ in onore di Mussolini. Tutto questo è accaduto veramente nel cuore della nostra città, in via Carlo Mayr, in un bar-ristorante – estraneo alla vicenda – a due passi dal ghetto ebraico, e che ha portato la Procura ad aprire un fascicolo nei confronti di 24 persone indagate per apologia di fascismo, propaganda e istigazione dell’odio razziale, minaccia e vilipendio delle forze armate. Una vicenda che ha indignato non solo la comunità ebraica, in un momento storico molto delicato, bensì l’intera Ferrara che ieri si è svegliata sorseggiando un caffè dal gusto amarissimo. "Prima di parlare vediamo gli atti", diceva un avvocato appena fuori dal tribunale. Atti, i primi da quel 22 dicembre, notificati dai poliziotti delle Digos di Ferrara, Bologna e Ravenna, diretti dal pm Ciro Alberto Savino, alle 6.30 di ieri quando sono iniziate le perquisizioni nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro delle persone finite nel mirino. Grazie alle quali sono venute alla luce tra l’altro katane, una pistola giocattolo senza il tappo rosso, mazze con la scritta ’boia chi molla’, calendari del Duce e molto altro.
Ventiquattro gli indagati, quattro sono ragazze; tutti vanno dai 23 ai 33 anni, incensurati, di Ferrara, Bentivoglio, Lagosanto, Vicenza e Bari. Giovani di famiglie per bene, alcuni in vista, molti laureati, grandissimi sportivi (palestra, rugby, pallamano), lavoratori senza macchie. Insomma, "bravi ragazzi", dal nome del fascicolo. Una volta entrati al ristoranti – scriveranno i poliziotti delle volanti nella nota di servizio di quella sera – avrebbero distribuito un volantino agli avventori del locale per poi intonare cori con oggetto il razzismo, l’antisemitismo, l’apologia del fascismo e del nazismo. Una condotta, viene specificato, per certi versi "rudimentale" ma "con un minimo di pianificazione e organizzazione", con tute arancioni da carcerato. Fortunatamente qualcuno, nel locale, sdegnato da quei comportamenti, ha cercato di fermare lo scempio chiamando il 113, ma negli istanti successivi, sarebbe stata minacciata di morte con il gesto "del taglio della gola" da un ragazzo tatuato, e da un "te la faremo pagare" riferito da altri correi. Il 24 sono stati fissati i primi interrogatori.