di Federico Malavasi
Nessuna aggressione a scopo di rapina. ’Solo’ una zuffa con certi ragazzi con i quali avevano litigato già in altre occasioni. È la versione che ribadiscono davanti al giudice del tribunale dei minorenni Chiara Alberti alcuni dei quattro minorenni arrestati lunedì scorso dai carabinieri con l’accusa di avere pestato e rapinato due giovani di origine pachistana. Il quartetto, lo ricordiamo, fu accompagnato in comunità per ordine del gip. Comunità che uno di loro ha lasciato proprio ieri, dopo essere comparso in aula per raccontare la propria verità. Il ragazzo, difeso dall’avvocato Simone Bianchi, sarebbe riuscito a dimostrare quanto andava affermando sin dai primi momenti dopo la cattura. Cioè che quella sera in piazza Repubblica a Portomaggiore lui non c’era. Le vittime lo avevano indicato erroneamente come membro del gruppo degli aggressori al momento del riconoscimento fotografico. Ma si sarebbe trattato soltanto di un grosso equivoco. "Abbiamo prodotto indagini difensive volte a dimostrare che quella sera il mio assistito non c’era – ha spiegato l’avvocato Bianchi –. Il risultato è stato che il giudice ha revocato la misura. La ricostruzione delle vittime non era credibile e su di lui non c’erano indizi di colpevolezza".
Situazione diversa (almeno per il momento) per gli altri tre giovani oggetto della misura cautelare. Tutti quanti hanno parlato in aula, raccontando la loro versione di fatti. La ricostruzione alternativa parla di una ‘semplice’ scazzottata con un gruppo di ragazzi con i quali già avevano già litigato in passato, alla giostre del paese. I legali degli indagati hanno chiesto al gip la revoca della custodia in comunità o almeno una misura meno afflittiva. Al termine degli interrogatori il giudice si è riservato. La decisione è attesa nel giro di qualche giorno. Nel frattempo, i tre minori per i quali non è stata disposta la revoca immediata rimarranno nella struttura in attesa del verdetto. "Al momento il mio assistito deve intraprendere un percorso di lavoro che valuteremo con gli assistenti sociali, poi presenteremo un’istanza riguardo alla misura" ha commentato l’avvocato Pietro Chianese, difensore di uno dei ragazzini. L’avvocato Michele Manfrini ha parlato di una "netta divergenza tra il racconto delle vittime e quello dei denuncianti. Abbiamo portato prove per dimostrare che le cose sono andate diversamente. Speriamo che il tribunale arrivi alla decisione più saggia".
I fatti. L’aggressione che è costata l’arresto ai quattro giovani risale al 10 maggio. Gli indagati, tutti italiani, incontrano due pachistani di 22 e 17 anni. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il quartetto si scaglia addosso agli stranieri. Il più anziano dei due difende il più giovane, e soccombe alla furia del branco. Partono calci, pugni e bastonate fino a quando il 22enne non rimane a terra privo di sensi. Andandosene via, i ragazzini avrebbero derubato i malcapitati pachistani di un cellulare e cinquanta euro. Nel giro di qualche settimana, i carabinieri raccolgono elementi sufficienti per convincere il giudice delle indagini preliminari del tribunale dei minori a emettere le misure cautelari per i presunti responsabili, raggiunti e arrestati lunedì scorso.