Si è buttato nel vuoto da un portellone di un C 130, negli scossoni dell’aereo, laggiù come un puntino il giallo della sabbia, appena visibile da quell’altezza. Matteo Lamberti, 52 anni, di Poggio Renatico, è tornato a lanciarsi con il paracadute dopo trent’anni, unico bersagliere alla cerimonia per commemorare la battaglia di El Alamein, soldati che morirono da eroi. Furono tanti.
Il 23 ottobre 1942, campagna del Nord Africa. Onore delle armi, gli inglesi del generale Montgomery – Monty contro Rommel, la volpe del deserto – sull’attenti davanti a quei coraggiosi, le divise sbrindellate, solo sabbia attorno, i serbatoi vuoti, i carri armati come scatolette di latta davanti ai mezzi degli inglesi. "Mancò la fortuna non il valore", è scritto nel cippo per ricordare quella pagina di storia.
Unico bersagliere?
"Sì, è stata la prima volta che ho preso parte alla cerimonia – dice Lamberti –. Una grande emozione, avevo il mio cappello, le piume nel vento. Ho fatto domanda in un sito dedicato all’evento, alla missione. Perché di questo si tratta, di una missione. Poi mi ha dato alcune informazioni un paracadutista di Parma, Walter Amatobene. E’ nato tutto così. Di nuovo la divisa addosso, come nel 1993 quando ho fatto il servizio di leva nei bersaglieri. Proprio in quel periodo mi sono iscritto all’Anpdi, associazione nazionale paracadutisti d’Italia, e ho preso il brevetto per lanciarmi"
Dovevano essere solo ricordi
"Sì, mi sono messo a lavorare. Faccio il meccanico, sono un tecnico per i carrelli elevatori della Toyota. Lavoro a San Lazzaro, in provincia di Bologna. Ma mi sento bersagliere dentro"
Il cuore alla divisa, alla vita militare
"Sono il vicepresidente dell’associazione bersaglieri di Copparo, la sezione è intitolata a Aurelio Zamboni, medaglia d’oro. Il presidente si chiama Fausto Bonazza"
Ha le ali di paracadutista sul petto. E si è lanciato
"Gli organizzatori della commemorazione ci avevano dato un programma di preparazione, flessioni, piegamenti, chilometri di corsa. Per allenarmi ai lanci salivo su una di quelle balle di paglia che ci sono in campagna, quelle grandi. E saltavo giù con gli anfibi. Quando siamo arrivati abbiamo fatto una settimana di vita di caserma, mi è sembrato di tornare alla mia gioventù. Eravamo inquadrati nel plotone Deir Alinda, terzo plotone. Sono stati giorni di unità, fratellanza, amor di patria"
Il sacrario, quella frase
"E’ stato molto commuovente, ho stretto la mano ad Isabella Rauti, sottosegretario di Stato per la difesa del governo Meloni. A lei, a Walter Amatobene, al prof Aldino Bondesan si deve ’ElAlamein project’, progetto per conservare la memoria. Il pensiero a tutti quei ragazzi morti, che nella patria credevano. E alla patria hanno dato la vita".