
Dal manifatturiero al mondo dell’agricoltura, gli imprenditori si interrogano sulle applicazioni. Villani (Confcooperative) presenta in numeri: "Il 25% dei lavoratori la sta già utilizzando".
L’atteggiamento del mondo produttivo verso quella che si sta profilando come la rivoluzione copernicana, l’Intelligenza Artificiale, è positivo benché cauto. Permangono, benché le applicazioni dell’AI si siano dimostrate efficaci in termini di potenziamento della capacità produttiva delle aziende in alcuni settori, alcune perplessità. In particolare legate alla salvaguardia dei livelli occupazionali nei settori che richiedono un’elevata componente di creatività.
A entrare nel merito, mettendo in fila anche alcuni dati interessanti emersi da un recente rapporto del Censis, è il direttore di Confcooperative e presidente della Scuola di Sviluppo territoriale, Ruggero Villani. "Secondo una recente rilevazione del focus Censis di Confcooperative sull’Intelligenza Artificiale – scandisce Villani – il 20/25% dei lavoratori utilizza strumenti IA sul luogo di lavoro. Più nel dettaglio il 23,3% utilizza IA per la scrittura di mail, il 24,6% per messaggi, il 25% per la stesura di rapporti e il 18,5% per la creazione di curriculum. E i numeri salgono al diminuire dell’età. Il grado di esposizione alla sostituzione o complementarità aumenta con l’aumentare del livello di istruzione, come dimostra il dato secondo cui nella classe dei lavoratori a basso rischio il 64% non raggiunge il grado superiore di istruzione e solo il 3% possiede una laurea. Sul fronte occupazionale, si stima che entro il 2030 circa il 27% delle ore lavorate in Europa sarà automatizzato. I settori più esposti sono la ristorazione (37%), il supporto d’ufficio (36,6%) e la produzione (36%), mentre quelli meno impattati sono la sanità e il management". "È evidente che siamo in un momento chiave del lavoro – chiude il direttore di Confcooperative – che va in primis compreso, poi gestito con metodo e visione mettendo la persona (il lavoratore e la lavoratrice) al centro del modello di sviluppo, con l’intelligenza artificiale al servizio dei lavoratori e non il suo contrario". Dello stesso avviso è il direttore di Cna, Matteo Carion che se da un lato apprezza l’apporto sulla produttività dell’AI per alcuni comparti produttivi dell’artigianato, dall’altro mette in guardia su alcuni rischi che l’eccesso di applicazione intelligenza artificiale potrebbe generare. "È innegabile – argomenta – che esistano applicazioni positive dell’intelligenza artificiale che, già ora ma soprattutto in prospettiva, potranno ottimizzare alcuni meccanismi produttivi e renderli ancora più performanti. L’AI potrà essere un veicolo di semplificazione di alcuni processi complessi. Tuttavia, non nascondiamo qualche timore su quanto questi nuovi strumenti potranno impattare nei settori che hanno un’elevata componente di creatività. Dalla comunicazione alla fotografia. Penso che vada avviata una riflessione perché l’eccesso di AI potrebbe portare alla ‘svalutazione’ di professionalità che devono continuare a essere salvaguardare e valorizzate". Un orientamento comune al settore primario, come spiegano il direttore di Confagricoltura Paolo Cavalcoli e il presidente di Cia, Stefano Calderoni. Quest’ultimo insiste sulla necessità di "un salto culturale" nell’applicazione dell’AI in agricoltura. "Purtroppo – dice – la maggioranza degli agricoltori ha un’età avanzata e, generalmente, si registra una sorta di diffidenza sull’applicazione delle nuove tecnologie. Questo atteggiamento si ripercuote anche sulla possibilità di adottare strumenti legati all’AI. Un uso attento dell’intelligenza artificiale potrebbe portare benefici anche al comparto agricolo, in particolare sugli effetti dei cambiamenti climatici". "L’intelligenza artificiale – spiega il direttore di Confagricoltura, Paolo Cavalcoli – può essere un ottimo strumento per gli agricoltori. È dimostrato che l’AI potrebbe permetterci di traguardare meglio gli obiettivi di sostenibilità imposti dall’Ue. Peraltro, abbiamo un Green Deal che ci impone di lavorare senza il 75% di prodotti fito-sanitari. L’AI potrebbe fungere da strumento anche contro patologie gravosissime e che ci hanno messo in ginocchio".
re.fe.