
Vanessa Rossetti, autrice assieme a Gabriele Sonnino del libro ’Se nun era pe’ Francesco’, a lui dedicato e che verrà...
Vanessa Rossetti, autrice assieme a Gabriele Sonnino del libro ’Se nun era pe’ Francesco’, a lui dedicato e che verrà presentato domani alle 11 all’hotel Astra. Una piccola storia – la sua, quella di sua sorella e del lattaio Nardecchia - che incrocia la grande storia: il rastrellamento degli ebrei romani nel ‘43. Perché si rivolge ai giovani?
"Se vogliamo avere una speranza per il futuro, abbiamo il dovere morale di crescere ragazzi che sappiano riconoscere le ingiustizie, che a queste non rimangano indifferenti ma agiscano per cambiare questo mondo in qualcosa di migliore. Noi adulti dobbiamo essere di esempio. Questa storia lo è, è un esempio di come, di fronte ad una situazione dai contorni spaventosi, si possa scegliere di fare la cosa giusta".
C’è un motivo ricorrente, nel libro: il silenzio. Nardecchia non ha raccontato l’atto eroico di aver salvato i due bambini dalla deportazione nemmeno alla figlia. Come se lo spiega?
"Non credo che Francesco abbia scelto il silenzio, semplicemente non sentiva il bisogno di raccontare una cosa che a lui sembrava normale. Il pensiero del rischio che stava correndo, in quel momento, in lui, era secondario rispetto all’enormità dell’ingiustizia che stavano subendo Gabriele e Sara. Non dobbiamo far passare il concetto che solo pochi eroi possano distinguersi per atti di coraggio, ma che è nella potenzialità di ognuno di noi, tutti possiamo scegliere di fare la cosa giusta". Sonnino alla fine esprime il desiderio che Nardecchia venga riconosciuto come giusto fra le nazioni.
"Per essere riconosciuti ’Giusti tra le nazioni’ serve una serie di documenti, è una valutazione che viene fatta dallo Yad Vashem di Gerusalemme. Nel caso di Francesco, non ci sono documenti scritti e la testimonianza di Gabriele, che allora aveva 4 anni, non è sufficiente. Ma il suo ricordo, e quello della sorellina Sara, è indelebile e scolpito nel loro profondo. Gabriele ha deciso che finché avrà forza e voce continuerà a raccontare e questo libro speriamo possa contribuire a far sì che il suo sogno venga realizzato".
Qual è il legame tra Roma e Ferrara nel suo racconto?
"Due anni fa, con la mia classe 5 della scuola di Fondoreno e due classi della De Pisis, abbiamo partecipato al bando sui ’Viaggi della memoria’. Durante la fase di ricerca ci siamo imbattuti nella lapide alla stazione di Ferrara che ricorda la sosta del ’treno dell’orrore’ ed è stato leggendo le informazioni attorno a questo evento che abbiamo scoperto la storia del bigliettino fatto cadere da Alba Ravenna per i suoi parenti di Ferrara che hanno così potuto mettersi in salvo".
Emanuele Fiano invoca la necessità di fare del bene. Come declina il concetto sull’oggi?
"Basta guardarsi attorno, a volte è il caso a decidere, a metterci di fronte a situazioni nelle quali un gesto può fare la differenza. E’ questo che cerco di insegnare ai miei piccoli alunni, ad avere occhi attenti, a riconoscere un bisogno, anche solo di una carezza o di un sorriso".
Federico Di Bisceglie