REDAZIONE FERRARA

Il ritrovamento del miliario romano: "Studiandolo è cambiata la storia"

Il significato del reperto che sarà esposto all’abbazia di Pomposa: "Ci ha permesso di mappare meglio le antiche vie"

Il significato del reperto che sarà esposto all’abbazia di Pomposa: "Ci ha permesso di mappare meglio le antiche vie"

Il significato del reperto che sarà esposto all’abbazia di Pomposa: "Ci ha permesso di mappare meglio le antiche vie"

Era venuto alla luce durante lavori di escavo di un canale di scolo a Pontemaodino di Codigoro, un miliario risalente al II secolo a.C. Era stato segnalato dalla famiglia di Elio Bison negli anni ‘70 del secolo scorso, a don Piero Viganò, il quale, a sua volta, contattò il direttore della biblioteca comunale Daniele Rossi, da sempre studioso della storia locale ed anche del periodo al quale risale l’importante reperto della storia antica del territorio, ma lasciato dove ritrovato per anni. Il reperto di forma cilindrica e del peso di circa 3 quintali è costruito in trachite dei Colli Euganei. Sulla sua sommità, il miliario reca la seguente incisione, ben visibile ad occhio nudo: CCL ovvero le miglia romane e il resto della scritta T(itus) Annius T(iti) f(ilius) / co(n)s(ul) indica Tito Annio figlio di Tito console. Si tratta quindi di un’antica pietra miliare, quello che oggi potremmo definire "un cartello stradale", collocato ai tempi del console Tito Annio, figlio di Tito. "Prima della scoperta del miliario di Pontemaodino i libri di scuola recitavano come quella fosse la via Popilia che collegava Rimini ad Adria - spiega uno studioso locale - mentre quando raggiungeva Aquileia, sempre da Adria, diventava la via Annia. Con questa scoperta cambia un pò la storia, perché la via Annia, a distanza di circa una quarantina d’anni, viene rifatta da Tullio Poppilio che le da il proprio nome, pur essendo sempre la prima parte della via Annia". Il ritrovamento quasi casuale era stato fatto da anni e per volontà dello storico proprietario e grande chef della Zanzara, Elio Bison dopo il ritrovamento e la non facile estrazione dal terreno nel quale era posizionato per quasi un terzo della sua lunghezza ha trovato la sua, almeno per il momento, definitiva collocazione nella saletta alla sinistra dell’ingresso della abbazia di Pomposa. Un’operazione che ha visto coinvolti diversi enti ed associazioni quali: la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, attraverso l’archeologa Carolina Ascari Raccagni, la Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna, in collaborazione con il Gruppo Archeologico Ferrarese, attraverso Liviano Palmonari, Daniele Rossi, il comune di Codigoro nella persona del sindaco Alice Zanardi e del vice Francesco Fabbri e anche dei figli e nipoti di Bison.

A spostare il reperto di forma cilindrica è stata chiamata la ditta Massarenti che con la massima cura lo ho portato da Pontemaodino fino all’abbazia di Pomposa accolto dal sacerdote don Stefano Gigli. "Siamo orgogliosi di aver ’riscritto la storia’ - afferma il primo cittadino - grazie alla sensibilità della famiglia Bison, che lo hanno donato. Ora attendiamo che venga restaurato e sia cosi fruibile dalla migliaia di turisti che visitano Pomposa dando cosi un lustro ancor maggiore alo storia della nostra comunità e del territorio che la circonda".

cla. casta.