Le indicazioni emerse nel corso di un convegno, promosso in ottobre dall’Università sullo stato di attuazione dei progetti PNRR, mi stimolano alcune riflessioni che vorrei condividere con i lettori del Carlino. Partiamo intanto dai numeri: 235,1 miliardi di euro tra il 2021 e il 2026 dall’Europa, cui si aggiungono 30,6 miliardi di risorse nazionali accantonate nel Fondo Complementare. In media d’anno, per capirci, si tratta di quasi 40 miliardi di spesa pubblica, ovvero come avere una manovra finanziaria espansiva, in più annualmente. Un’occasione unica di promuovere un percorso di ripresa e di crescita ed una stagione di riformismo competitivo che questo Paese aspetta da 30 anni. Ma la sfida, oltre alla bontà degli investimenti, è che si tengano insieme obiettivi e capacità realizzative, coinvolgendo istituzioni e corpi intermedi e favorendo un esercizio di apprendimento senza precedenti, in termini organizzativi, di misurazione degli obiettivi e rispetto dei cronoprogrammi. Si tratta di un percorso obbligato, in quanto dagli effetti del Piano dipenderanno molte delle prospettive economiche dei prossimi anni. Le Camere di commercio rivestono un ruolo importante nella realizzazione del Piano. Un decreto legge del novembre del 2021, approvato dal Governo Draghi, ci ha affidato, infatti, importanti progettualità: penso, ad esempio, alla certificazione della parità di genere, alla digitalizzazione degli Sportelli unici per le attività produttive e per l’edilizia, al sostegno all’imprenditoria femminile e giovanile, ai processi di innovazione e di trasferimento tecnologico nelle imprese, alla realizzazione, a cura di Unioncamere, di un sistema informatizzato di gestione, monitoraggio e rendicontazione degli interventi finanziati. Ma, soprattutto, alle Camere di commercio è stato affidato il compito di promuovere e di rendere note alle imprese le opportunità disponibili. Ancora oggi, infatti, solo una impresa su 3 è pronta a cogliere le potenzialità delle nuove risorse espressamente dedicate al sistema produttivo, scoraggiate dalla complessità e dalla onerosità delle procedure di gara. Difficoltà, che non sono legate esclusivamente alle spese vive da sostenere, ma, per citarne alcune, alle difficoltà di investire in personale con adeguate competenze amministrative e tecniche, alla durata eccessiva delle procedure di gara, alla tendenza delle amministrazioni pubbliche a far prevalere il metodo di valutazione del prezzo più basso, che può comportare una minore economicità delle commesse e il rischio di una minore qualità in fase di esecuzione del contratto. Anche per questo, le Camere di commercio hanno messo a punto veri e propri sportelli unici digitali, capaci di operare da efficaci anelli di congiunzione tra pubblica amministrazione e imprese e di mettere a disposizione strumenti, competenze e conoscenze di natura economica, giuridica e tecnica. Tuttavia, ancora oggi non tutti gli Enti locali sono in possesso dei requisiti di digitalizzazione richiesti per dialogare con gli sportelli. Il rischio potrà essere quello che a rimanere esclusi dal riparto dei fondi saranno proprio quelli che ne hanno maggiormente bisogno. Non c’è dubbio, però, che il PNRR sia riuscito a essere molto più di un semplice programma di sostegno finanziario a investimenti industriali, inglobando in sé obiettivi di trasformazione economica strutturale quali la transizione ecologica e la digitalizzazione. Ma sarà essenziale seguire, nel tempo, l’evoluzione dell’effettiva partecipazione delle imprese alle misure loro dedicate, l’unica strada, a mio parere, per far si che l’orizzonte temporale residuo del Piano si inserisca in una visione strategica del tessuto produttivo che lo renda adeguato alle sfide dei tempi.
* vice presidente
della Camera di commercio
Ferrara e Ravenna