FERRARAQuattro province dell’Emilia Romagna sono ai vertici della classifica nazionale stilata dalla Cgia di Mestre, sul peso delle buste paga e delle tredicesime. Parma, Modena, Bologna e Reggio Emilia sono rispettivamente piazzate dal terzo al sesto posto. Con stipendi (2023) medi mensili che vanno da 2.144 a 20172 euro. La più alta retribuzione media registrata è a Milano con 2.646 euro al mese. Queste le isole tutto sommato felici. Per trovare la provincia di Ferrara dobbiamo scorrere in basso la classifica fino alla 49esima posizione, con un reddito medio di 1.662 euro, cioè più di 500 euro in meno al mese delle sorelle emiliane più fortunate come Parma e Modena.
In regione peggio di Ferrara se la possa solo Rimini, molto più in basso in effetti, all’81esima posizione con 1.370 euro mensili. Ma vanno decisamente meglio sia Ravenna (1.775 euro mensili) e Forli-Cesena (1.697). E più in linea con le cifre che troviamo al centro Italia più che al nord. Con Pesaro Urbino e La Spezia che la superano con, rispettivamente 1.664 e 1.684 euro e in linea con Perugia (1.616) e Pistoia (1.618). Peso delle buste paga che poi si proiettano anche sulla tredicesima, che viene corrisposta proprio nel periodo natalizio e che quest’anno, come rilevato dall’inchiesta della Cgia, è stata pagata regolarmente in quasi tutte le realtà. In Emilia-Romagna i livelli si equiparano, invece, se guardiamo alla variazione percentuale, in crescita, nel confronto tra il 2023 e l’anno precedente, con quasi tutte le province emiliane oltre il 3 per cento. Mentre Ferrara si è fermata al 2.6%.
Dall’analisi è emerso, su base nazionale, che le disuguaglianze retributive tra i lavoratori dipendenti privati del nord e i colleghi del sud sono evidentissime: se i primi percepiscono una busta paga di circa 2mila euro lordi al mese, quella dei secondi, invece, sfiora i 1.350 fino appunte minime di poco più di mille euro. In buona sostanza nel settentrione si guadagna mediamente quasi il 50 per cento in più; pari, in termini monetari, a +8.450 euro lordi all’anno.
Per questo mese di dicembre, ovviamente, lo spread riguarda anche la tredicesima mensilità che viene pagata proprio in questi giorni. E sebbene le gabbie salariali siano state abolite nel 1972, oltre 50 anni di applicazione dei Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) non ha mitigato le marcate differenze retributive tra le regioni italiane, anche se l’obbiettivo, in linea di massima, è stato raggiunto solo a livello intra-settoriale. È chiaro che queste disuguaglianze salariali molto marcate sono legate al caro-vita e alla produttività che sono nettamente superiori al nord rispetto al sud; al fatto che i valori retributivi medi sono condizionati negativamente dalla presenza dei contratti a termine (part time involontario, stagionali, intermittenti, etc.), che gravitano in particolare nel Mezzogiorno e alla concentrazione delle multinazionali, dei grandi gruppi industriali e degli istituti di credito/finanziari/assicurativi che, rispetto alle Pmi, erogano stipendi più pesanti, ma non sono distribuiti uniformemente lungo tutto lo Stivale.
Cristina Rufini