REDAZIONE FERRARA

"Il mio trasformismo? Nasce come rivalsa"

Arturo Brachetti oggi e domani al Comunale con lo show ’Solo’. "Ho passato tutta la vita a farmi accettare, ora mi emoziono col pubblico"

"Il mio trasformismo? Nasce come rivalsa"

Arturo Brachetti, il più grande trasformista al mondo, ritorna a Ferrara con ‘Solo’, uno spettacolare "one-man show" al Teatro Comunale, oggi e domani. Famoso e acclamato in tutto il mondo, è un mito vivente nel teatro e della visual performing art, il piu` grande attore-trasformista, con una "galleria" di 450 personaggi e così veloce da essere stato inserito nel Guiness Book of Records con un primato tutt’ora imbattuto.

Che legame ha con Ferrara? "La frequento fin dal 1986 portando i miei spettacoli, l’ho visitata e ho amici come Lorenzo Cutuli, un ragazzo che veniva all’uscita dei miei spettacoli e che poi ha perseguito i suoi sogni diventando un grande scenografo".

Cosa ci racconta di ‘Solo’?

"Un titolo nel senso dell’assolo della metamorfosi. Racchiude tutte le mie capacità artistiche in scena: ci sono 65 trasformazioni, ombre cinesi, disegni sulla sabbia, manipolazioni di luci laser e tutto ciò che può essere un varietà poetico surrealista, a tratti anche comico. Sono in scena con Kevin Michael Moore che interpreta l’ombra di un Peter Pan 65enne come sono io anche nella vita e a casa dove ho passaggi segreti e porte a contrario: l’ombra ha bisogno della terra per poter esistere e invece io voglio volare. Ma alla fine facciamo pace. Il messaggio è che vogliamo volare fino alla morte, significa fantasticare, viaggiare, imparare, mettersi in gioco, sempre facendo i conti con la realtà. Parte emozionante di uno spettacolo veloce come un treno in corsa, che travolge e porta il pubblico a vivere una storia e la fantasia".

Quanto si sente Peter Pan e quanto c’è bisogno che anche la gente si senta così?

"Sono un 15enne imprigionato nel corpo di un 65enne, proiettato sempre completamente verso il futuro. Anche lo spettacolo migliore sarà sempre quello di domani, invece di ricordare il passato come fanno i coetanei. Per il pubblico vedo che lo spettacolo è una specie di catarsi, soprattutto per gli over 30 che ricercano la libertà e la gioia di quando si era bambini. Vedermi che in scena divento chiunque e che volo, fa leva su tutti quei meccanismi di fantasia ed è consolatorio e contagioso".

Nel ‘78 è stato il primo nell’arte della trasformazione in velocità, poi ha detto essere stato copiato da tanti: quale il segreto del suo successo?

"E’ che ho inventato tutto e, per così dire, ho le chiavi del software, molto più difficile da copiare rispetto all’hardware. Io ci metto trasformazioni, cultura, emozioni, sono l’unico a fare un’ora e mezzo di spettacolo di questo genere, su tre livelli e a fronte degli altri che fanno 5 minuti. E tengo molto anche all’aspetto emotivo: far scendere la lacrima è difficile in un momento ludico ma ci tengo molto perché arriva dal profondo del cuore. Eredi? Ho ragazzi che aiuto. Come c’è stato Fregoli alla fine dell’800 ci sarà un altro che soppianterà me. È normale".

Raccontava di essere stato un ragazzino timido, bullizzato. Diventare Brachetti è stato un riscatto?

"Completamente. Ho passato tutta la vita, e ancora oggi, a farmi accettare. Il gioco di prestigio e la magia erano la mia arma segreta, il mio superpotere. Nella vita sei una mezza cartuccia e improvvisamente ricopri un ruolo artistico e tutti ti guardano. Moltissimi artisti hanno questo effetto di rivalsa. Il messaggio a tutti è che ognuno ha un superpotere da riconoscere".

Cos’è il trasformismo?

"È legato alla metamorfosi e cioè alla vita, perché senza trasformazione non c’è natura, né società".

Laura Guerra