MARIO BOVENZI
Cronaca

Il futuro, un tappeto rosso: "Abbiamo trovato lavoro nei filari di stelle di Natale"

Storie d’integrazione sotto le serre di un’azienda che produce i fiori simbolo. Quasi tutti i dipendenti sono stranieri, alcuni partiti clandestini sui barconi.

Storie d’integrazione sotto le serre di un’azienda che produce i fiori simbolo. Quasi tutti i dipendenti sono stranieri, alcuni partiti clandestini sui barconi.

Storie d’integrazione sotto le serre di un’azienda che produce i fiori simbolo. Quasi tutti i dipendenti sono stranieri, alcuni partiti clandestini sui barconi.

E’ un tappeto rosso a volte la strada per conquistare un futuro, rosso come le stelle di Natale che sistema nei vasi. Dal Ghana al deserto della Libia, un gommone sballottato nel Mediterraneo. Poi Lampedusa, Bologna, Fossanova San Marco. Maxwell Wasape, 36 anni, una volta clandestino in cerca di speranza, adesso ’regolare’, un contratto di lavoro in tasca, in quella distesa di fiori, sotto i capannoni delle serre. Arianna Buriani è la proprietaria, al suo fianco c’è il padre, Luigi Buriani, 78 anni. "Ho una pensioncina ma preferisco venire ogni giorno qui a dare una mano, siamo una grande famiglia".

Costano 6 euro o poco più alcune di quelle piante. Basta guardarle, ed è già una festa. E un po’ una festa sembra la mattinata nella serra, Arianna e Luigi con i loro dipendenti. Che vengono da Ucraina, Polonia, Nigeria, Moldavia e Ghana. Solo una ragazza è di queste terre. "Sono l’unica ferrarese", dice, i capelli ricci, un bel sorriso, le mani cariche di sacchetti con i fiori, cespugli bianchi che si fa fatica a trattenere.

Da una decina di euro sotto serra balzano a 30, 40 anche 50 euro oltre le vetrine di un negozio. Ma non è stato proprio un tappeto rosso il cammino di Maxwell Wasape per arrivare in Italia, a Ferrara, tra i filari della floricoltura Buriani (bandiere Coldiretti), una distesa di piante che si perde all’orizzonte in via Cà Rossa 9, dove è stato assunto. Non è stato facile nemmeno per Cris Anyanou, 32 anni, partito dalla Nigeria. Le sue radici lasciate in Africa, il suo paese. Una bambina di nemmeno due mesi che vive qui con lui. "Sì, ho una casa. Grazie a questo lavoro guadagno, posso andare avanti con dignità". Dietro di lui un incubo che fa ancora male quando affiora nei suoi ricordi. "E’ stato un viaggio terribile, terribile", ripete. Lo sguardo lontano, alla Libia, un centro di detenzione. Da dove è alla fine ripartito. "Nella barca entrava acqua, era un gommone, forse eravamo più di un centinaio", il diario di bordo di un inferno in mezzo al mare durato alcune ore. Fino alla costa, Lampedusa. "Perché sono partito? Perché il mio Paese era lacerato da lotte intestine, scontri, dolore. Mi parlavano dell’Italia, mi dicevano che qui si vive bene. Ed è vero. In alcuni momenti la paura ti fermava il cuore. Io ho avuto coraggio ma anche una grande fortuna. Ci sono riuscito, ce l’ho fatta. L’Italia è davvero un bel paese, proprio come mi dicevano", esclama.

Fossanova San Marco, le case, un vialetto porta ai capannoni, alle serre. Sono al lavoro, una manciata di ragazzi e ragazze. "Quando la produzione aumenta – dice Luigi Buriani che ha fondato 50 anni fa l’azienda – abbiamo anche 15 dipendenti. Alcuni di loro sono arrivati con uno stage, sono rimasti qui con noi. Sono bravi, lavorano con passione, con il sorriso". Mancano pochi giorni al Natale, sotto quei tetti di plastica, nel rosso dei fiori, è già Natale.