Ferrara, 28 dicembre 2024 – Cinquecento pagine per inchiodare Isabella Internò al suo ruolo "attivo" nell’omicidio dell’ex fidanzato, il calciatore argentano Donato ‘Denis’ Bergamini. Cinquecento pagine per ricostruire un "delitto passionale", maturato dopo la fine di una relazione e a seguito di un aborto in un "territorio sordo all’emancipazione femminile" e dove l’onore assume un ruolo preponderante. Cinquecento pagine per dare un’ulteriore spallata al muro di silenzi che per 35 anni ha relegato a suicidio il delitto del centrocampista 29enne in forza al Cosenza, inviando gli atti alla Procura affinché indaghi per concorso in omicidio il cugino di Isabella, Roberto Internò.
Le motivazioni con le quali la Corte d’Assise di Cosenza spiega la condanna di Internò a sedici anni di reclusione, aprono a scenari inediti sulla strada della verità per la tragedia di Denis, consumata nel novembre del 1989 sulla Statale Jonica, a Roseto Capo Spulico. Il passo avanti arriva da un’intercettazione ambientale messa nero su bianco tra le pagine della sentenza. La conversazione è dell’aprile del 2019. Roberto Internò e la moglie Michelina Mazzuca discutono da tempo. Litigano sulla deposizione che la donna avrebbe dovuto rendere e che aveva già reso agli inquirenti sulla sera della morte di Bergamini. Alle 16.33 del 2 aprile, Michelina sbotta. Si paragona a Donata Bergamini, sorella di Denis, a causa di un lutto per il quale non si dà pace e pronuncia quelle parole all’indirizzo del marito: "Bergamini dovrebbe farti a pezzi come hai fatto con lui, vigliacco".
Dei macigni, secondo l’Assise. L’atto del tribunale si sofferma poi sul contesto nel quale è maturato il delitto e sul ruolo di Isabella. I giudici parlano dell’imputata come di una persona "risoluta e animata dal morboso desiderio di possesso della vittima, che in precedenza aveva pagato il prezzo del rifiuto del matrimonio" con Denis "con un’interruzione di gravidanza molto avanzata". Il tutto, "per salvare l’onore di ragazza per bene che non può far nascere e crescere un figlio fuori dal matrimonio". Un passaggio si sofferma poi sull’intento di Internò, la quale avrebbe istigato i cugini "quanto meno a dare una lezione alla vittima" e avrebbe ‘adescato’ Denis mentre si trovava in ritiro conducendolo all’appuntamento a Roseto. Avrebbe inoltre precostituito un "falso alibi" per sè e per gli altri, con "meschine fandonie" sulla morte dell’ex. "Una sentenza – così l’avvocato dei Bergamini, Fabio Anselmo – che delinea un quadro inquietante attorno alla famiglia Internò".
Ma chi era Denis? Sono i giudici a raccontarlo. Un ragazzo "con grande voglia di vivere, generoso, altruista", che non aveva "problemi né in ambito lavorativo, né con gli amici, né in famiglia". Solare, generoso, goliardico. Sognava la serie A, figli, un’attività agricola accanto ai genitori e uno stabilimento balneare a Milano Marittima. Perché, si domanda la Corte, si sarebbe dovuto uccidere come sostenuto dalla ex? Nessuno tra quelli che lo conoscevano lo ha mai pensato: "Era impossibile, mai nella vita", la certezza dell’ex compagno, Michele Padovano. E non lo hanno pensato nemmeno i giudici dell’Assise, che con quelle 500 pagine hanno aggiunto un nuovo tassello al mosaico della verità.