FRANCESCO FRANCHELLA
Cronaca

I figli delle Muse Inquietanti in sala. Profili tra Novecento e Duemila

Dal 1986 al 2015 su alcune riviste Turola recensì l’opera di pittori, disegnatori e illustratori estensi. Il testo di Lucio Scardino e Corrado Pocaterra verrà presentato domani, alle 11, alla Camera di Commercio. .

Dal 1986 al 2015 su alcune riviste Turola recensì l’opera di pittori, disegnatori e illustratori estensi. Il testo di Lucio Scardino e Corrado Pocaterra verrà presentato domani, alle 11, alla Camera di Commercio. .

Dal 1986 al 2015 su alcune riviste Turola recensì l’opera di pittori, disegnatori e illustratori estensi. Il testo di Lucio Scardino e Corrado Pocaterra verrà presentato domani, alle 11, alla Camera di Commercio. .

Almeno due sono le riscoperte dovute all’ultima pubblicazione voluta da Lucio Scardino e Corrado Pocaterra. Da un lato, la riscoperta – appunto – del senso critico di Gabriele Turola, dall’altro la possibilità di rileggere i profili di artisti ferraresi noti e meno noti, principalmente del Novecento, segnalati da Turola nella sua attività di giornalista. Sì, perché Gabriele Turola, scomparso nel 2019, non era solo un pittore ferrarese di notevole estro e forza inventiva.

Era anche giornalista culturale e critico d’arte e proprio per la sua prima essenza, quella di artista, capiva, da una posizione di privilegio, la qualità degli altri artisti, di fatto suoi colleghi. Così, dal 1986 al 2015 su alcune riviste locali, Turola recensì l’opera di pittori, disegnatori, illustratori estensi contemporanei. Ne sono nati diversi profili biografici, da poco ritrovati, raccolti e pubblicati da Scardino e Pocaterra nel volume ‘Gabriele Turola. I figli delle Muse Inquietanti. 50 profili di artisti ferraresi tra Novecento e Duemila’. Verrà presentato domani, alle 11, alla Camera di Commercio di Ferrara. Il motivo del titolo, "figli delle Muse Inquietanti", è spiegato nell’introduzione dai due curatori: "Nel 1986 Gian Pietro Testa, giornalista, letterato, nonché pittore per diletto, chiese all’artista Gabriele Turola di tenere una rubrica su ‘Ferrara’, rivista mensile del Comune omonimo, da lui diretta: assieme coniarono il titolo de ‘I figli delle Muse Inquietanti’, a voler ricordare il capolavoro dipinto da Giorgio De Chirico nel 1918 (…). Ciò a voler significare che queste Muse, uscendo idealmente dal quadro, suggestionavano i più diversi personaggi ad occuparsi di arte figurativa".

Un altro fatto che accomunava questi personaggi, divenuti a tutti gli effetti artisti ferraresi, era il mancato accademismo, il non possedere "particolari nozioni accademiche", che contraddistinse l’arte dello stesso Turola, poco accademico e molto ambiguo: colte citazioni calate in un contesto che nascondeva significati più o meno profondi su superfici di colori e motivi irreali, tra il sogno e la metafisica. Con lo stesso approccio, come si può dedurre dalla lettura del volume, Turola approcciava l’opera dei suoi colleghi, descrivendoli con toni talvolta sintetici, talaltra un po’ laccati e pomposi, raccogliendo (volontariamente?) l’eredità di quei dotti, uomini colti locali, che fin dall’ultimo Ottocento hanno animato la vita culturale ferrarese. Su tutti, Giuseppe Agnelli, storico fondatore della Ferrariae Decus e voce imprescindibile (insieme ai vari Baruffaldi, Cittadella, Brisighella…) di ogni bibliografia di studi riguardanti Ferrara.

Allo stesso modo, quando gli studenti, tra un secolo, dovranno consultare vecchi articoli e saggi, per compilare le loro tesi di laurea sull’arte ferrarese dell’ormai lontano Novecento, si ritroveranno davanti a due autori: l’instancabile Lucio Scardino, una delle penne più presenti tra le voci della biblioteca Ariostea, e – grazie a Scardino e a Pocaterra – Gabriele Turola, che si sentiva erede di Filippo De Pisis e che, prima di altri, aveva capito quanto del mondo dell’arte ci fosse ancora da scoprire. E da valorizzare.

Francesco Franchella