MARIO BOVENZI
Cronaca

I contraccolpi del meteo "Frutta ormai azzerata, rischia di crollare l’occupazione tra i filari"

L’allarme di Milena Grassi, segretaria di Fai-Cisl: "Settore a rischio. Penalizzato anche l’indotto, c’è chi pensa di abbandonare la campagna".

di Mario Bovenzi

Si chiama Milena Grassi, è la segretaria di Fai-Cisl. E’ lei ad alzare il velo su un altro aspetto drammatico dell’economia legato al maltempo, al cambiamento climatico. I suoi effetti sono sotto gli occhi di tutti, frutteti, auto e case distrutte, i vetri delle finestre brandelli. Da aprile le campagne hanno vissuto un calvario. Le tappe. Le gelate, con temperature in picchiata, in aprile. Poi piogge su piogge, il terreno un pantano d’acqua. Ancora. La grandine in successione, non si conta ormai più quante volte i chicchi hanno devastato le colture, dai pomodori ai frutteti. La produzione è ai minimi termini, in alcuni casi non c’è più. Un contraccolpo pesantissimo sull’occupazione. Fino all’altro giorno le associazioni di categoria dei datori di lavoro chiedevano di ampliare i flussi, gli arrivi di stranieri per lavorare tra i filari. Ora tra i filari si vede solo qualche sparuta pera, i pomodori sono crivellati.

Che cosa succede, non si lavora più nei campi?

"La situazione – risponde – è drammatica. Il maltempo ha devastato le colture, proprio nell’imminenza della raccolta. Quella del pomodoro è già cominciata, ma non è ancora entrata nel vivo. Presto partirà quella della frutta, pere e mele"

Che non ci sono quasi più

"Le gelate di aprile, le piogge di maggio e le grandinate di giugno e luglio hanno colpito le coltivazioni, con perdite dei raccolti che oscillano tra l’80 e il 90%. Un disastro che rischia di provocare un’emorragia di posti di lavoro tra fissi e stagionali. La preoccupazione è legata al rischio di riconversione di molte aziende agricole, dalla frutta a coltivazioni di minor reddito e con limitato bisogno di manodopera, o all’abbandono delle campagne degli imprenditori disarmati di fronte a eventi climatici impazziti".

Non solo quindi gli stagionali?

"No, questo settore della manodopera è solo la punta dell’iceberg. Ci sono le cooperative, tutte le imprese per la trasformazione del prodotto che sono coinvolte dall’impoverimento e in alcuni casi dall’azzeramento dei raccolti. La pera abate, un simbolo della provincia. Ma cosa si andrà a raccogliere, cosa si sta raccogliendo? Cosa può fare un piccolo imprenditore. Il primo anno che ti viene distrutto il raccolto resisti, magari il secondo anno, poi? Se non hai le spalle grosse, se non hai fondi per investire ed ancora investire, per rimediare alle perdite, come fai ad andare avanti. Economicamente è un’impresa insostenibile"

Si chiude baracca?

"Certamente qualcuno al posto del frutteto metterà magari grano e mais, per raccogliere ci sono le macchine. Vuol dire la progressiva eliminazione di una coltura, una coltura che è la carta d’identità della provincia. Poi, se sei magari vicino alla pensione, se i tuoi figli sono impiegati e hanno un futuro in un altro settore, allora magari, con dispiacere, lasci"

Lasciano la campagna, la terra?

"Chi non ha grandi capitali sta facendo molta fatica, molta. E’ in alcuni casi una strada obbligata, come fai ad investire soldi che poi vedi andare in fumo sotto la grandine?"

Torniamo agli stagionali

"I lavoratori dell’Est già da qualche anno hanno cambiato spiaggia, se ne vanno in altri paesi. I dipendenti africani in alcuni casi sono ormai stanziali, si sono fatti una vita qui. Si parla di flussi, dell’appello per far arrivare manodopera. Dopo tutta questa devastazione i datori di lavoro magari faranno un passo indietro. E’ un settore che se ne va".