CENTO
di Laura Guerra
C’è la mano dell’illustratore inglese Cliff Wright dietro il volto di Harry Potter, disegnatore delle copertine della prima edizione inglese che ieri, grazie al binomio tra le scuole Renzi, la Fondazione Carice e il Premio di letteratura per l’infanzia, ha incontrato i ragazzi delle scuole al Salone Carice.
Wright, com’è avvenuto l’incontro tra lei e il maghetto?
"Non lo conoscevo. Ho ricevuto una telefonata dall’editore Bloomsbury che mi chiedeva se ero interessato a illustrare una serie per ragazzi. Mi aveva spiegato soltanto che era una serie di 7 libri che si chiamava Harry Potter ed è stata la prima volta che ne ho sentito parlare. Prima di accettare di solito leggo una parte del manoscritto o mi informo sul libro. Bloomsbury mi mandò una parte e dissi di sì". Si aspettava un tale successo?
"No, anche perché ho iniziato a illustrare dal secondo libro, La camera dei segreti dove ho realizzato la copertina con l’ippogrifo, ed Harry Potter è esploso con quello successivo del prigioniero di Azkaban che porta la mia copertina con raffigurata la macchina. Per me era stato un lavoro come un altro".
Qual è stata la sfida?
"Immaginare come fosse Harry perché la descrizione fisica non è molto dettagliata. Si sa soltanto dei capelli ribelli, gli occhiali, la cicatrice a saetta. Posso dire che me lo sono inventato, frutto solo della mia immaginazione. La stessa cosa è stata per l’ippogrifo: la sfida è stata riuscire a combinare cavallo e aquila, in modo che sembrasse un animale reale".
In che modo ha scelto le scene per illustrare i due romanzi?
"L’editore mi ha suggerito le scene ma mi ha lasciato libero di cambiare, qualora leggendo il libro avessi voluto fare altre scelte. Ma non ho avuto tanto tempo per leggere e ho seguito l’editore.
Quanto le è cambiata la vita? "Enormemente. Mi ha dato l’opportunità di viaggiare molto di più arrivando fino in Nepal, dove mi è capitato di autografare un libro nel mezzo del nulla". Che effetto le fa essere qui a Cento dove 25 anni fa Harry Potter fu premiato quando era sconosciuto?
"Mi congratulo con voi per aver avuto questo acume. Anche io sono lieto di essere ora parte della vostra storia".
Quanto sono importanti giornate come questa parlando ai ragazzi e facendoli disegnare?
"Molto perché insegno loro di guardare alle cose in modo differente. I ragazzi non ne sono abituati. Noi tendiamo a disegnare ciò che pensiamo di vedere e la sfida è di andare oltre, guardare più accuratamente per vedere meglio anche te stesso. Migliora il disegno ma anche la consapevolezza di sé. E’ così che prende forma un’idea creativa".
Ora che ha visto Cento, potrebbe capitare che ne metta qualcosa in qualche sua futura illustrazione?
"Può succedere, è una buona idea"