Voglio provare a raccontare la storia al rovescio, partendo dalla fine. Al Museo Nazionale dell’ebraismo italiano di Ferrara a ridosso delle feste ebraiche e cattoliche vicine alla fine dell’anno civile, mandiamo un biglietto d’auguri alle scuole del territorio, accompagnato da un piccolo dono dal valore simbolico. Pochi anni fa è capitato che anche il ramadan cadesse a dicembre e quelle settimane hanno visto le tre grandi religioni celebrare insieme giorni solenni. Quest’anno abbiamo scelto un piccolo sevivon. Apparentemente un semplice giocattolo. E’ un oggetto tipico della festa di Chanuccà che si celebra a partire da questa sera. Non è altro che una trottolina; se ne fanno di tante fogge e di svariati materiali. Hanno tutte una caratteristica comune: quattro facce sulle quali sono incise o segnate delle lettere ebraiche. Da secoli è un simbolo della tradizione, ci giocano bambini e adulti durante gli otto giorni della festa. Ma a scavare scopriamo che è un oggetto antico e soprattutto condiviso fra tante culture e in numerose zone del mondo. Se ne conoscono di simili già presso i romani e persino in Cina. Le lettere a seconda delle lingue, si riferiscono alle regole e allo scopo dell’intrattenimento; in molti casi non era altro che un gioco d’azzardo. A seconda della faccia della trottola che usciva si prendeva una posta, si metteva una posta, si vinceva il piatto o il risultato era neutro. Nel mondo ebraico dell’Europa centrale, e siamo già fra il XVII, ed il XVIII secolo, le parole di riferimento le cui inziali erano rappresentate sui lati della trottola erano in yiddish. Ganz , tutto, Setz ein, metti uno, Nicht, zero o niente, Halb, metà. Lo yiddish si scrive usando l’alfabeto ebraico quindi: Ghimel, Shin, Nun e He. Ma facciamo un passo avanti ed entriamo nella leggenda piano piano. Presto si immaginò di dare un significato in lingua ebraica a quelle lettere, e il più diffuso era Nes Gadol Haia Sham. Un grande miracolo avvenne li’. Li dove? e a quale miracolo ci si riferiva se non a quello di Chanuccà. La storia è nota a molti. La festa di Chanuccà ricorda la rivolta capitanata da Mattatia Maccabeo e i suoi fratelli contro i greci, e tutti gli altri sostenitori della cultura ellenica. Siamo intorno alla metà del secondo secolo prima di Gesù, e la terra di Israele era governata con crudeltà dai discendenti dei diaconi greci. In particolare, è tramandata la malvagità di Entioco Epifane che aveva istaurato il culto di Zeus, arrivando a mettere una statua del dio, nel tempio di Gerusalemme. A quel tempo era limitato o proibito il culto ebraico, lo studio della Torà, persino la circoncisione e l’alimentazione casher. Il popolo era diviso fra chi assecondava i nuovi usi, abbandonando quelli dei padri, e chi invece con zelo e una solida identità, combatteva contro il paganesimo. Questi ultimi ebbero la meglio, sebbene fossero pochi contro i molti e ben equipaggiati. La famiglia degli Asmonei, a capo dell’esercito, vinse le battaglie e, intorno al 162 a.e.v., a Gerusalemme si procedette alla purificazione del Tempio con la rimozione dei simboli idolatri. La sconfitta degli ellenizzati e della loro vasta e ramificata cultura da parte del piccolo gruppo ebraico, è uno dei miracoli di Chanuccà. L’altro è quello dell’olio, necessario per ripristinare la luce perpetua nel Tempio. La leggenda vuole che se ne trovò una piccola ampolla sufficiente per un solo giorno. Si racconta che avvenne un miracolo e la fiamma rimase accesa per ben otto giorni. La luce, simbolo di spiritualità, è quella che i pagani volevano sradicare da mezzo al popolo. L’amore per il quale si combatteva, era quello per il Dio unico, per la fedeltà alla Torà e alle tradizioni, tramandate di generazione in generazione. Questa storia in parte è narrata nei libri dei Maccabei, testi apocrifi per l’ebraismo e inseriti nel canone della Bibbia cristiana. C’è chi ha notato come questa sia la prima esperienza in cui il popolo ebraico ha subito una minaccia non tanto contro la propria esistenza, e neanche contro la residenza in terra d’Israele come era avvenuto durante l’esilio babilonese di 400 anni prima, bensì contro la propria identità, che i nemici volevano prima annacquare e poi cancellare con il miraggio di una civiltà seducente, al prezzo di rinunciare ai valori fondativi: primo fra tutti il monoteismo. Torniamo al nostro giocattolo. La leggenda dice, che durante il periodo delle persecuzioni, chi non si arrendeva e continuava a riunirsi per studiare Torà, al sopraggiungere delle guardie faceva finta di essere intento a giocare innocentemente alla trottola. Sono impaurito dal fatto che nella nostra bella Italia, a causa dell’antisemitismo galoppante, sia pericoloso camminare per le strade con il copricapo o con altri segni della fede ebraica. Sono impaurito dall’islamofobia che sfocia in odio per chi professa un’altra religione e segue i propri costumi. Chanuccà ci dice che i conflitti di oggi possono trovare uno sbocco fatto di pace e convivenza se, e quando riusciremo ad apprezzare con sincerità e vivere con gioia le differenze culturali, linfa vitale di ogni società. L’augurio che dal museo abbiamo mandato alle scuole simbolicamente con il sevivon è quello di girare tutti insieme la trottola e provare a fare in modo che il grande miracolo avvenga qui. Ahh, tranquilli, oggi la posta del gioco del sevivon non sono che monete di cioccolato!
* direttore del Museo dell’Ebraismo italiano e della Shoah