Ferrara, 22 gennaio 2022 - Ancor prima di cominciare, il Festival delle Memorie – da ieri ribattezzato ’Settimana delle Memorie’ nel vano tentativo di placare le polemiche – sta dividendo e facendo discutere il mondo ebraico ferrarese, italiano e internazionale. E già ci sono le prime defezioni tra i relatori, come quella – eccellente – di Antonia Arslan, la scrittrice che ha raccontato al mondo il genocidio armeno con il suo libro La masseria delle allodole, e di Vittorio Robiati Bendaud, coordinatore del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia.
Il progetto ideato da Moni Ovadia, direttore del teatro comunale di Ferrara, in programma dal 25 al 30 gennaio al ’Claudio Abbado’ – una sei giorni di incontri, approfondimenti, spettacoli e concerti per ricordare, assieme alla Shoah, anche il genocidio degli armeni e le stragi di Tutsi in Ruanda, Curdi, Rom, omosessuali eccetera – ha collezionato in pochi giorni la "preoccupazione" della Comunità ebraica di Ferrara, gli strali del Centro Simon Wiesenthal Europa di Parigi, la presa di distanza del Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara e le dure critiche della presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni.
Se gli ebrei ferraresi hanno messo in guardia dalla "banalizzazione di una tragedia unica per finalità, dimensione numerica e territoriale, modalità e scientifica ferocia", Shimon Samuels, direttore per le Relazioni Internazionali del Centro che porta il nome di Simon Wiesenthal, detto “il cacciatore di nazisti“, si è scagliato contro Vittorio Sgarbi che, durante la conferenza stampa di presentazione del festival, aveva parlato di "sterminio dei palestinesi perpetrato dagli israeliani" (un’uscita infelice, come ha ammesso successivamente lo stesso critico d’arte, correggendo poi il tiro e parlando di "provocazione nei confronti di Ovadia"). Dura la presa di posizione dell’Ucei: "Se il Giorno della Memoria – ha dichiarato alla rivista Shalom la presidente Noemi Di Segni – diventa la giornata di tutti i genocidi, di tutte le celebrazioni, di tutte le memorie, in una ‘grande insalata’, si compie un errore e non ci si prendono le proprie responsabilità. La Shoah ha delle unicità, e mai un crimine è stato perpetrato in quella modalità e chi osa ribaltarle per demonizzare lo Stato di Israele compie un atto di antisemitismo".
Nel mirino del mondo ebraico, Ovadia si è così difeso: "Ricordare i tutsi e gli armeni significa banalizzare? È un’affermazione mostruosa: la Shoah è stata così tragica che purtroppo suscita reazioni di natura psicopatologica e c’è il terrore che qualsiasi cosa possa banalizzare".
Come se non bastasse, sta facendo discutere in particolare la posizione (quantomeno ambigua) assunta dal Meis di Ferrara. Nonostante il direttore, rav Amedeo Spagnoletto, figurasse – e continui a figurare – tra i relatori della ’Settimana della memoria’, il presidente Dario Disegni ha criticato senza mezzi termini la creatura di Ovadia: "Il termine festival – ha spiegato – è estremamente inappropriato; poi il discorso sulle memorie, con la volontà di accomunare alla Shoah altre tragedie, che certamente ci colpiscono e coinvolgono come essere umani, è sbagliato e molto pericoloso".
Contraddizioni rilevate dal sito di informazione L’informale che, suscitando ulteriori polemiche, ha pubblicato una mail nella quale il direttore del Meis si dichiarava "entusiasta" della programmazione del festival. Una adesione confermata dal Marcello Corvino, produttore e coadiutore artistico del Teatro comunale di Ferrara. Sul Carlino , Spagnoletto ha poi precisato: "Il messaggio (cui la mail si riferiva, ndr ) era una risposta a una comunicazione che faceva riferimento a sole due giornate, allora in primissima fase di programmazione; quelle del 29 e 30 gennaio, dedicate al Giorno della Memoria. L’e-mail non conteneva alcun riferimento al resto degli eventi".
Infine, ieri pomeriggio, la comunicazione della mancata partecipazione di Antonia Arslan, attesa tra i principali relatori, ufficialmente "per motivi di cautela dovuti al suo precario stato di salute attuale", e del forfait di Vittorio Robiati Bendaud: "La sfida – spiega in una lettera – non sta nell’accomunare le memorie, ma nell’esaltarne la dignità specifica e peculiare".