Dipanando il gomitolo che raccoglie questa storia, il capo del filo scrive il nome di Nadia Vitali. Anni Cinquanta, tanto tempo fa. Sotto la foto in bianco e nero, i volti sorridenti, si legge: "Nuove sarte a Baura". La data, 1958. Il giornale, Il Resto del Carlino. Lei è l’insegnante. Ma l’avventura del mondo di stoffa e manichini, comincia già l’anno prima. Nadia spiegava – il corso si chiama economia domestica – alle braccianti agricole dell’ente Delta Padano come prende forma una gonna, come si fa l’asola di un bottone. Alcune di loro, dopo quell’anno passato tra taglia e cuci, lasciavano il podere per aprire un laboratorio, al posto della vanga la macchina per cucire. Conquiste di classe, dal grembiule al tailleur, dagli stivaloni di gomma ai tacchi magari a spillo.
Le aule erano nella struttura che ospitava le suore del Sacro Cuore. I tempi sono cambiati, adesso quasi all’angolo con via Garibaldi una bella insegna rosa annuncia che lì c’è la scuola di moda Vitali. E’ una delle poche scuole di moda in Italia aperta fin dal 1957. "Mia mamma se n’è andata troppo presto", dice la figlia Silvia, il dolore un’ombra improvvisa sul viso. Dopo aver imparato, a fianco alla madre, il mestiere che è un po’ un’arte è adesso lei al timone della scuola. Ed è anche – la voce decisa quando le allieve sbagliano una piega – la docente insieme ad altre due insegnanti, anche loro professionisti di fashion, design e modelli che fanno sognare. Sono tutte ragazze quelle che alle macchine per cucire – manichini in piedi sui tavoli – ieri mattina seguivano la lezione di Silvia, gli occhi attenti al loro lavoro. Un lavoro che dà i suoi frutti, lo dicono i numeri. Oltre l’80% dei diplomati trova lavoro entro un anno. "Questo mestiere ha un futuro e un futuro offre a tutte queste ragazze – spiega –, quando finiscono il ciclo di studi i grandi marchi della moda se le contendono". La scuola ha stilato accordi con i nomi che disegnano e mettono i capi sulle passerelle di tutto il mondo. "Al termine del percorso formativo i migliori studenti hanno la possibilità di svolgere un tirocinio in prestigiose aziende di abbigliamento – spiega ancora, un pizzico d’orgoglio nelle sue parole –. Con loro la scuola ha instaurato ormai storiche collaborazioni. Trovano un lavoro tutte, tutte".
Insegnare è per lei la vita. "Lo faccio da 40 anni, mi piace molto", sottolinea, il tono che sale quando una delle ragazze sembra distrarsi. "Meglio essere severe adesso – la sua filosofia –, mentre ancora stanno imparando, mentre si fanno le ossa. Così non rischiano di entrare in un’azienda senza sapere quanto importante è saper lavorare, non rischiano di perdere il posto che magari si sono guadagnate". Elena Minelli, un ciuffo di capelli biondi un po’ scompigliati, ha 23 anni. Si è laureata in scienze del design, adesso è lì. Come avrebbe voluto sua nonna che faceva la sarta. "I vestiti sono la mia passione, vorrei fare la modellista. Credo sia un’arte, dal nulla con fantasia crei un capo". Che magari un giorno sfilerà sul corpo di una donna, modellata dalle sfavillanti luci di una passerella di alta moda. Silvia Vitali passa per i banchi, controlla i disegni, trova gli errori, corregge severa. "La mia passione, creare giacche e cappotti. Ancora adesso magari li vedo sfilare, li riconosco in tv. Quello è il mio cappotto, dico". Sul tappeto rosso, con ago e filo.