MATTEO RADOGNA
Cronaca

Falsi vaccini per il green pass. Il pm chiede il rinvio a giudizio per Gennari e Compagno

Le dottoresse avrebbero inoculato a centinaia di pazienti una soluzione fisiologica . Per l’assistente Ferretti proposto il patteggiamento a un anno, undici mesi e ventitré giorni. .

Le dottoresse avrebbero inoculato a centinaia di pazienti una soluzione fisiologica . Per l’assistente Ferretti proposto il patteggiamento a un anno, undici mesi e ventitré giorni. .

Le dottoresse avrebbero inoculato a centinaia di pazienti una soluzione fisiologica . Per l’assistente Ferretti proposto il patteggiamento a un anno, undici mesi e ventitré giorni. .

Il pm Ciro Alberto Savino, ieri mattina, ha chiesto di rinviare a giudizio Chiara Compagno e la collega Marcella Gennari, le dottoresse che – secondo l’accusa – avrebbero somministrato a centinaia di pazienti falsi vaccini anti Covid. Per questo motivo, sono accusate a vario titolo di corruzione, peculato, truffa ai danni dello Stato e falso. Avrebbero inoculato un soluzione fisiologica o nulla per far ottenere il Green pass ai propri pazienti ‘No vax’.

Le due donne sono al centro dell’inchiesta ’Red Pass’ della Guardia di finanza, che a marzo di oltre due anni fa portò al blitz delle fiamme gialle che eseguirono tre ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti, per l’appunto, di Compagno, Gennari e dell’assistente e figlia di quest’ultima Francesca Ferretti. La prossima udienza che coinvolgerà le due dottoresse si terrà il 22 gennaio con la discussione dei difensori; mentre per la Ferretti c’è la proposta di patteggiamento (che dovrà essere vagliata dal giudice) a un anno, 11 mesi e 23 giorni.

Le due dottoresse, lo ricordiamo, devono rispondere a vario titolo di corruzione, peculato, truffa e falso. Le contestazioni della procura sono praticamente identiche a quelle emerse al momento dell’esecuzione delle misure cautelari carico di compagno e Gennari. La prima accusa che viene mossa è quella di peculato. Secondo gli inquirenti, le dottoresse (in qualità di medici di base accreditati con l’Ausl) e l’assistente avrebbero commesso il reato in questione nel momento in cui si sono impossessate del vaccino fornito dall’azienda sanitaria buttandolo via invece di iniettarlo ai pazienti.

Per quanto riguarda la corruzione, secondo la ricostruzione della procura le dottoresse avrebbero intascato denaro dai pazienti (20 o 50 euro a seconda dei casi) per fingere l’inoculazione del vaccino e far loro ottenere un Green pass a fronte dell’attestazione di una dose mai somministrata. In alcuni casi non iniettavano per nulla il vaccino, in altri invece utilizzavano una soluzione fisiologica. A Compagno viene contestato un solo episodio di corruzione, mentre per Gennari le accuse parlano di un centinaio di casi.

L’ipotesi di truffa ai danni dello Stato è invece legata ai rimborsi previsti dall’Ausl per i medici di base che eseguivano le vaccinazioni anti Covid, rimborsi che sarebbero quindi stati percepiti in maniera indebita avendo loro attestato in maniera falsa di aver vaccinato i propri pazienti. L’ultima contestazione è quella di falso, riconducibile al fatto che le indagate avrebbero dichiarato inoculazioni di siero mai avvenute, falsi tamponi o esenzioni fasulle, tutte attestazioni alla base dell’emissione del Green pass.

Nei guai anche i pazienti che non hanno scelto il rito alternativo e hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini. Saranno dunque anche loro chiamati a rispondere dei vaccini fantasma. Da chiarire, anche l’entità delle presunte corruzioni contestate nel capo d’imputazione, cioè le cifre che venivano corrisposte dai pazienti per ogni singola iniezione fantasma.

Nel novembre scorso, durante l’udienza preliminare, davanti al giudice Silvia Marini e al pm Ciro Alberto Savino, Gennari aveva rilasciato dichiarazioni spontanee: "Fingevo di inoculare il vaccino, sì, perché sospettavo che ci potessero essere le telecamere nel mio ambulatorio e anche per i pazienti, ma per il 90% dei casi ho iniettato soluzione salina". E ancora: "Le offerte in denaro erano modeste – ha aggiunto – mai superiori a 50 euro, alcune volte erano piante o fiori. Sempre per volontà dei clienti che volevano ringraziarmi di quanto fatto”.

Poi anche una giustificazione medica: Mi ero informata – raccontava Gennari nell’udienza preliminare – e mi convinsi che quei vaccini non erano in grado di prevenire il contagio o la trasmissione del virus".