Le parole si appoggiano al sospiro della commozione, escono delineando il contorno di un doloroso passato che tuttavia "deve essere ricordato". Il presidente della Comunità ebraica, Fortunato Arbib, è visibilmente emozionato. Il lascito simbolico, in una città intrisa di cultura ebraica in ogni suo anfratto, sarà un elemento identitario fortissimo. Finalmente, anche Ferrara avrà le pietre d’inciampo. Le targhe di ottone apposte sulle mattonelle di fronte alle case dei deportati ebrei ferraresi. Uno sforzo collettivo, che parte dalla chiara volontà di evitare l’oblio. Nella nostra città, a maggior ragione, questa iniziativa – frutto della collaborazione tra Comune e Comunità Ebraica – assume un valore ancor più pregnante.
Il percorso per arrivare alla posa delle prime quindici pietre d’inciampo – che verranno apposte giovedì prossimo – è durato due anni, come spiega nel corso della presentazione il vicesindaco, Alessandro Balboni. "Il nostro intendimento – scandisce – è stato quello di lasciare qualcosa di tangibile, che rafforzasse la memoria e il ricordo di chi è stato trucidato dal regime nazifascista. L’iniziativa l’abbiamo immaginata rivolta alle giovani generazioni". Il legame tra l’amministrazione e la Comunità ebraica estense è stato ulteriormente rafforzato a seguito della sottoscrizione dell’accordo tra le due realtà. "Un impegno – prosegue Balboni – che dimostra una chiara volontà politica della Giunta di valorizzare l’importante presenza ebraica in questa città. Un elemento identitario che noi reputiamo imprescindibile".
L’assessore alla Cultura, Marco Gulinelli è sulla stessa lunghezza d’onda: "Ferrara è la città ebraica per eccellenza". Le pietre d’inciampo, sono un monumento straordinario". Arbib rilancia. "Per noi, questo, è un sogno. Sebbene le pietre d’inciampo ricordino gli ebrei ferraresi deportati nei campi di sterminio – sottolinea il presidente della Comunità – è con grande gioia che accogliamo questa iniziativa. Si tratta di un’autentica dimostrazione di rispetto verso i nostri morti. Verso tutte le famiglie ebree".
Fra le mura del tempio maggiore di via Mazzini "echeggiano ancora le urla dei nostri concittadini trucidati nei campi della morte. Ed è per questo che è importante ripetere all’infinito ciò che è successe: la memoria è la cosa più importate da tramandare a noi stessi e alle nuove generazioni". Il rabbino Amedeo Spagnoletto, direttore del Meis – partener del progetto – proprio su questo indaga le modalità più efficaci per tramandare il concetto di memoria. Parla di "evoluzione della memoria". Ed è per questo che "occorre trovare strumenti confacenti per tramandare ciò che è stato. Le pietre d’inciampo, volute meritoriamente da questa amministrazione – probabilmente quelle precedenti avevano altre priorità, ma non voglio fare polemica – rappresentano uno strumento immediato".
A scendere nel merito del progetto, è la ‘regista’ di tutto: la coordinatrice dei progetti strategici del Comune, Alessia Pedrielli. "Le pietre d’inciampo – così Pedrielli – sono un museo diffuso, fruibile a tutti e che, oltre a valorizzare la cultura ebraica di questa città, coglie la direzione che vogliamo dare alla proposta culturale complessiva. Non a caso, abbiamo scelto di coinvolgere le scuole che, proprio il giorno della posa, faranno una ‘parata’ in via Mazzini per ricordare le vittime della deportazione".
Le pietre d’inciampo, come ricordato dalla direttrice dell’Isco, Anna Quarzi, verranno proprio collocate in via Mazzini, all’altezza del civico 14 (per ricordare le famiglie Rietti e Cavalieri), al civico 88 (in memoria delle vittime delle famiglie Fink, Bassani e Lampronti) e al civico 85 in memoria delle famiglie Forti, Jesi e Lampronti. Alle 11 di giovedì prossimo è stato organizzato un incontro in Sala Estense con le scuole e l’ideatore delle pietre d’inciampo, Gunter Deming.