FEDERICO MALAVASI
Cronaca

Dopo le accuse al compagno di cella: "Ucciderà un giudice, ha le armi". Dubbi sulla ‘soffiata’, a processo

A giudizio per calunnia un detenuto che rivelò le presunte intenzioni di un giovane appena arrestato. Perquisizione senza esito, la persona offesa in aula: "Non sapevo nulla, pensavo fosse per la droga".

Il carcere dell’Arginone (. foto di repertorio

Il carcere dell’Arginone (. foto di repertorio

"Vuole uccidere un giudice, ha delle armi". Una ‘soffiata’ da far tremare i polsi, affidata agli agenti di polizia penitenziaria da un detenuto che rivelava le presunte intenzioni apprese poco prima dal compagno di cella, un giovane appena arrestato per una questione di droga. Quella pesantissima rivelazione ebbe due conseguenze. Primo, una certosina perquisizione nell’abitazione in cui il ragazzo viveva insieme ai genitori. Secondo, un processo per calunnia che vede oggi imputato lo stesso detenuto autore della segnalazione, un 52enne pugliese. Il procedimento è approdato ieri mattina in aula davanti al giudice Rosalba Cornacchia per ascoltare la ricostruzione della persona offesa.

I fatti. Per capire i contorni della vicenda bisogna fare un passo indietro fino al 2019. Un giovane, oggi 26enne, viene fermato con della marijuana e arrestato. Finito all’Arginone, trascorre una notte in cella con il 52enne pugliese, all’epoca in carcere a Ferrara a seguito di un cumulo pene per vari reati (tra cui furti, ricettazioni e altro) e perché inserito in passato in un circuito di protezione. Dopo quelle ore trascorse nella stessa stanza, l’uomo si rivolge alla polizia penitenziaria esponendo quanto, a suo dire, avrebbe sentito dal giovane compagno di detenzione. Parla di un piano per uccidere un giudice, riferisce nomi e circostanze, parla di armi nascoste in un determinato luogo. La segnalazione arriva immediatamente alla procura e il pubblico ministero si precipita all’Arginone per ascoltare quelle parole direttamente dalla ‘fonte’. Il passaggio successivo è una perquisizione nell’abitazione del giovane. I carabinieri passano al setaccio ogni angolo ma non trovano nulla. All’esito degli accertamenti e alla luce dei dubbi sorti sull’attendibilità della ‘soffiata’, parte così un’inchiesta per calunnia a carico del 52enne. L’accusa è di avere accusato il compagno di cella sapendolo innocente.

Il processo. L’uomo (assistito dall’avvocato Alessandra Palma e oggi detenuto in un altro carcere) è finito a giudizio. Ieri mattina, al banco dei testimoni si è seduto il 26enne (che non si è costituito parte civile). Il ragazzo ha risposto alle domande delle parti, specificando di non aver mai riferito alcunché all’imputato e di aver appreso da poco della vicenda legata alla presunta calunnia. Per quanto riguarda la perquisizione del 2019, ha spiegato che la riteneva legata alle questioni di droga per cui era finito in manette. Il caso è stato aggiornato all’11 marzo quando verrà ascoltata la versione dell’imputato.