Bianchi"Mi piace vivere, non ho niente in particolare da chiedere". E poi, rispondendo a un giornalista di una tv cosentina: "Il mio sogno nel cassetto? Arrivare in serie A con i compagni, non da solo". Donato ’Denis’ Bergamini, 29 anni e idolo dei tifosi del Cosenza, era questo qua, racchiuso in due semplici frasi. E sono proprio i giudici della Corte d’Assise, nelle 502 pagine di sentenza dove spiegano i perché della condanna di Isabella Internò, a riservare un intero capitolo sulla "personalità di Donato". Un ragazzo "con grande voglia di vivere, generoso, altruista", che non aveva "particolari problemi, nè in ambito lavorativo, nè con gli amici, nè in famiglia". Una persona "solare, generosa, gioiosa, goliardica, incline a fare scherzi, amante della vita e attaccata alla stessa".
Per quale motivo, dunque, si domandano i giudici, si sarebbe dovuto uccidere come hanno sempre sostenuto la sua ex e l’intera famiglia Internò? Gigi Simoni, suo compagno di quel Cosenza, in aula definì così la stella del calcio originario di Boccaleone d’Argenta: "Era il miglior amico di tutti quanti noi in quegli anni, non gli si poteva non volere bene, una persona meravigliosa". Aveva "una energia incredibile che ti trasmetteva, questa voglia di vivere – così invece Bruno Caneo Raimondo, altro ex compagno –, di fare sempre bene il proprio lavoro, di progredire, di costruirsi qualcosa di importante dopo i vari anni, dopo le varie stagioni, di continuare a migliorarsi come calciatore". Era riservato, Denis. "Con la squadra – sottolineano i giudici – non parlò mai del rapporto con la sua fidanzata, Isabella". Non confidava facilmente le sue cose, "però se tu riuscivi a prenderlo, ti diceva se aveva dei problemi". E Michele Padovano, "amico fraterno della vittima e coinquilino", questo lo sapeva molto bene. "Denis mi ha insegnato molto – così l’ex bomber di Cosenza, Genoa e Juve – anche nel mondo del calcio perché credo che, come interpretava lui la professione, era proprio quello che bisognava fare per diventare calciatore. Io e lui – aggiunse – andavamo d’accordo e se voleva parlarmi, lo faceva di qualunque cosa e viceversa".
Anna Brogno, cronista dell’emittente Cam Tele3, aggiunse che "Denis teneva molto alla sua immagine di ragazzo pulito e non volevo deludere i tifosi". La maglia del Cosenza gli era impressa sulla pelle e gli stessi tifosi lo sapevano benissimo, come ricordò con orgoglio Antonio Spizzirri nel verbale di sit del 17 luglio 2017: "Tutta la nostra tifoseria, compresa quella più scalmanata, gli voleva bene e lui sentiva questa vicinanza". Anche quando il Cosenza perdeva e la squadra veniva contestata, Bergamini andava sotto la curva a parlare direttamente con i tifosi, "sicuro che avrebbe ricevuto comprensione, poiché in campo dava sempre il massimo". Proprio tra i tifosi, la morte del centrocampista, avvenuta il 18 novembre 1989 lungo la statale Jonica, diventò "oggetto di discussione". I quali, "sebbene avessero inizialmente accettato la versione originariamente offerta del suicidio, si mostravano particolarmente perplessi alla luce del carattere di Denis, nonché dell’assenza di qualsiasi graffio sul suo viso".
Biondo, carino, bello, "era tra i più ricercati a Cosenza, acclamato dalle ragazze". Roberta Alleati, "vecchia fiamma di Denis" che aveva ripreso con lui una relazione nel maggio 1989, "sfociata in una promessa di matrimonio", lo descrisse così: "Adorava il calcio, la sua famiglia, suo nipote. Mi confessò che avere un figlio, era il più grande sogno della sua vita ed era felicissimo perché sarei stata io la madre dei suoi figli. Difficilmente lo vedevi triste, era una persona veramente splendida". E tra i tanti progetti futuri, come quello di avviare un’attività agricola vicino ai suoi genitori, c’era anche l’intenzione di comprare uno stabilimento balneare a Milano Marittima per il post carriera, come confermò ancora Simoni: "Cominciammo a dire: avevamo un discreto premio in caso di vittoria del campionato, e allora come lo investiamo? Dai, ci compriamo uno stabilimento al mare". Sogni, progetti, voglia di vivere e di conquistarsi un futuro sempre più radioso. "Era impossibile – ancora Simoni – per noi che si fosse suicidato. Non lo avrebbe mai fatto, non ha mai avuto intenzione di farlo". "Mai nella vita", la certezza di Padovano che aggiunse in tribunale: "Neanche per un secondo lo abbiamo pensato".