Ferrara, 19 settembre 2024 – Sara Corcione soffre di un “disturbo di personalità con caratteristiche schizo-paranoidi” e al momento dell’omicidio della madre Sonia Diolati era affetta da “vizio parziale di mente”. Sono le conclusioni alla quale è giunta la psichiatra Michela Casoria, il perito scelto dal tribunale per valutare le condizioni mentali della donna imputata di aver assassinato il genitore con premeditazione il 27 luglio del 2022, avvelenandola nella sua abitazione di via Ortigara con il nitrito di sodio sciolto nel tè. Il movente, secondo gli inquirenti, sarebbe da ricercare nel difficile rapporto tra le due donne. L’udienza di ieri in corte d’Assise è stata dedicata all’esame del perito e delle sue conclusioni.
L’esperta incaricata dal tribunale ha esordito spiegando come la la 40enne imputata (presente in aula, impassibile al fianco dei suoi legali Antonio Cappuccio e Tiziana Zambelli) abbia alle spalle, sin dalla prima infanzia, una “lunga storia di difficoltà sul piano delle relazioni interpersonali”. Analizzando il periodo antecedenti i fatti, Casoria si sofferma sulle relazioni con la famiglia e sulla “alterazione cognitiva-ideativa” di cui soffrirebbe Corcione, elemento che sarebbe collegato alla riduzione della capacità di intendere e volere tale da poter ritenere che fosse quantomeno grandemente scemata. Il suo disturbo di personalità, così la psichiatra, può provocare quelli che vengono definiti “scivolamenti psicotici”.
La professionista ha inoltre ritenuto ancora persistente la pericolosità sociale della 40enne e ha sottolineato la necessità che la donna venga sottoposta a cure. Su domanda della corte, si è poi soffermata sul tema della premeditazione, aggravante contestata all’imputata la quale avrebbe organizzato per tempo l’omicidio della madre ordinando il veleno sul web mesi prima. “L’idea di dare la morte era presente in lei sin dalla prima infanzia – ha evidenziato l’esperta –. La situazione è poi precipitata con il decesso del padre e dei nonni, che per lei erano figure di riferimento. È rimasta così senza un ancoraggio alla realtà”. Per mesi ha vissuto “una quotidianità fatta di ricerche su internet” nelle quali costruiva un mondo che ruotava intorno alla morte e alle sostanze da utilizzare per i suoi scopi. Parallelamente a ciò, prosegue Casoria, al 42enne “coltivava fantasie di salvezza. Non pensava al carcere e al processo come conseguenze del gesto, ma immaginava che sarebbe stata presa in carico da qualcuno che si sarebbe innamorato di lei”. Pensieri, quelli di essere portata via e salvata, che portava con sé “sin da piccola”. Una condizione che spinge la psichiatra a parlare di “scompenso psicopatologico”.
Terminato l’esame del perito e sciolti alcuni dubbi di natura tecnica relativi alle risultanze delle varie consulenze di parte, la corte ha aggiornato l’udienza al 24 ottobre per procedere con discussione e sentenza.