di Federico Malavasi
Doriano Saveri non voleva "solo" uccidere. Voleva "eliminare colei che era divenuta la fonte della sua disperazione, della sua rovina, del suo stato di ‘demolizione’ interiore". Sono macigni le parole scritte dalla corte d’Assise nelle motivazioni alla sentenza che, il 17 gennaio, ha condannato all’ergastolo l’artigiano 47enne imputato per l’omicidio della ex compagna Rossella Placati, l’operaia 51enne trovata senza vita nella sua casa di Bondeno il 22 febbraio del 2021. Nelle cento pagine di motivazioni, i giudici ricostruiscono nei dettagli il lungo e articolato processo che ha portato alla condanna di Saveri, mettendo in fila non solo tutti gli elementi che porterebbero a indicarlo come colpevole oltre ogni ragionevole dubbio, ma anche ‘smontando’ ogni ipotesi alternativa a quella ricostruita dagli inquirenti.
L’aggressione fatale. Secondo la corte, Rossella fu colta di sorpresa mentre si trovava nella "stanza del trucco", una sorta di antibagno. Il delitto fu compiuto in modo "rapido e brutale", senza che la donna abbia avuto la possibilità di "approntare una seppur minima difesa". Saveri, scrivono i giudici, si è potuto "aggirare per la casa, libero di muoversi indisturbato e senza destare sospetti". Nelle ore trascorse tra l’omicidio e l’allarme ai carabinieri, l’imputato si sarebbe "disfatto" delle armi del delitto (un coltello a lama liscia e un oggetto contundente mai identificato), così come "probabilmente dei vestiti e delle scarpe, lavandosi le mani per allontanare da sé ogni prova". Elementi che, secondo l’Assise, certificano "un fermo dolo di proposito e non certo d’impeto".
Il movente. Nel documento i giudici si soffermano sulle ragioni che avrebbero spinto Saveri a uccidere la ex con la quale ancora conviveva sebbene la loro relazione fosse ormai al capolinea. Le "brutali modalità dell’aggressione", si legge nella sentenza, fanno emergere il movente del delitto, "il desiderio di vendetta". Per i giudici, infatti, "l’unica persona che nutriva profonda acrimonia nei confronti della vittima era Saveri". Il 47enne si sentiva infatti "rifiutato e diffamato" dalla donna. Insomma, l’artigiano avrebbe agito mosso "da una convinta intenzione omicidiaria, maturata già il giorno precedente e venutasi a consolidare con il passare delle ore". Il tutto con l’obiettivo di porre fine "all’esistenza di colei che, secondo il suo punto di vista, lo aveva ‘demolito’ interiormente". Saveri si sentiva infatti "profondamente, ingiustamente umiliato" da Rossella. Univa quindi "la disperazione del nulla che gli si parava innanzi" alla "acredine nei confronti di colei che decideva di non voler più stare con lui, mandandolo fuori casa, rifiutandolo e in più denigrandolo".
Le modalità d’azione. A muovere Saveri, secondo l’Assise, sono stati il "profondo odio", il "disprezzo" e la "radicata acredine" nei confronti della ex. Un mix di fattori che lo hanno spinto a "uccidere Placati infliggendole un numero di colpi ben oltre il necessario per provocarne la morte". Al pugno al volto e alle coltellate al torace, scrivono i giudici, è seguito "l’accanimento sul corpo accasciatosi a terra", "il capo sfondato" da almeno quattro o cinque colpi.
Dopo i fatti. Tra gli indizi a favore della colpevolezza dell’artigiano, per la corte figura anche il suo comportamento prima e dopo il ritrovamento del cadavere. Dopo l’aggressione non ha chiamato i soccorsi ma si è lavato "minuziosamente la mano destra", si è tolto gli indumenti usati durante il delitto rimettendo quelli del giorno prima e ha creato un foro su maglietta e maglione, "per simulare di essere stato aggredito".
Piste alternative. La corte valuta anche eventuali altre ricostruzioni, come l’azione di un terzo soggetto ignoto o noto alla vittima. Tutte piste che però non trovano "supporto probatorio", cozzando con l’assenza di effrazione a porte e finestre, con la mancanza di tracce di altri soggetti, con le tempistiche dei movimenti dell’imputato e con l’orario della morte, collocabile in un momento un cui Saveri era "sicuramente" in casa.