CRISTINA RUFINI
Cronaca

Delitto Bergamini, la sorella: "Su Denis e noi anni di fango"

Donata in aula: "A luglio 2022 sono crollata, ho avuto un lungo buco nero"

di Cristina Rufini

Un’altra udienza – la quarantesima dall’inizio del processo – lunga e sofferta per Donata Bergamini, sorella di Denis, il calciatore argentano ucciso a 27 anni, il 18 novembre del 1989, in provincia di Cosenza. Ieri Donata per la seconda volta ha testimoniato davanti alla Corte di Assise di Cosenza, al processo che vede alla sbarra per concorso in omicidio volontario l’ex fidanzata di suo fratello, Isabella Internò, assente anche ieri. Un racconto intervallato da momenti di grande sofferenza e pianto nel rispondere alle domande del pm Luca Primicerio prima e del legale che assiste i parenti di Bergamini, l’avvocato Fabio Anselmo.

"Quando ci furono restituiti i suoi oggetti personali – ha ricordato Donata tra le lacrime – l’orologio era perfettamente funzionante. Non è stato necessario ripararlo, e neanche la catenina che Denis aveva al collo. E anche quando ci furono restituite le scarpe, dopo un po’, erano pulitissime, pure le suole". Come è possibile in un corpo che stando alle indagini di allora era stato trascinato per più di trenta metri? Evidentemente il corpo del calciatore non è mai stato travolto e trascinato sulla strada, ma ’solamente’ sormontato’ dal camion guidato da Raffaele Pisano: da qui l’unica, profonda ferita nella parte inferiore dell’addome. Donata ha poi ricordato il periodo in cui il fratello e l’allora fidanzata Isabella raggiunsero Boccaleone, per capire quale decisione prendere in merito alla gravidanza della Internò, ormai giunta al quinto mese. "Li accompagnai dal mio ginecologo – ha ribadito Donata – per un consulto sull’eventuale aborto. Fu in quell’occasione che mio padre (Domizio, ndr), quando lo informai di una successiva telefonata con la zia di Isabella, la quale mi disse che ’Suo fratello deve portarla all’altare’, preoccupato, consigliò a Denis di sposarla, perché a suo giudizio all’epoca l’onore al sud era una cosa seria. Denis gli rispose che non aveva intenzione di sposarla e che le cose erano cambiate". Forse non così tanto come aveva creduto il giovane calciatore. Donata, poi, sempre rispondendo al pm Primicerio, ha raccontato di alcune dichiarazioni della Internò che le sono state riportate anni dopo, dalla moglie di un calciatore che giocava con Denis. "La Internò le disse che piuttosto che saperlo di un’altra preferiva vederlo morto – ha raccontato Donata – e sempre Isabella le disse che i suoi cugini ’non dovevano sapere che si erano lasciati, perché altrimenti l’avrebbero ammazzato’". Timori che si sono concretizzati quel maledetto 18 novembre 1989?

Infine, in risposta alle domande dell’avvocato Anselmo, Donata ha ripercorso il suo crollo fisico ed emotivo. "Al momento sono in terapia di supporto psicologico. Ho avuto un lungo buco nero e mi chiedo come non ho fatto a crollare prima – ha sottolineato – è accaduto a luglio del 2022, quando i miei figli hanno cominciato a farmi notare alcuni comportamenti strani. Quando leggevo di Denis non ricordavo più nulla e rifiutavo i contatti con il mondo esterno. Mi sto riprendendo. Denis non è mai scomparso dalle nostre vite: è stato buttato fango su di lui e su di noi. Addirittura fu detto che aveva contratto l’Hiv. Impossibile". Si torna in aula martedì prossimo con il contro esame della difesa Internò: forse il momento più difficile per Donata.