ARGENTA
Incentrata sulla deposizione di un perito citato dalla difesa l’udienza di ieri del processo in corso a Cosenza, in Corte d’assise, per la morte del calciatore Donato "Denis" Bergamini, morto a 27 anni il 18 novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico, nel cosentino. La morte di Bergamini, il cui cadavere fu trovato sotto un camion lungo la statale 106 ionica, fu attribuita in un primo tempo a suicidio e la relativa inchiesta avviata all’epoca dalla Procura della Repubblica di Castrovillari fu archiviata. Dalle successive indagini, però, é emerso che in realtà Bergamini era già morto quando il suo corpo fu investito, perché ucciso altrove, e che quella del suicidio sarebbe stata una messinscena. Unica imputata del processo, con l’accusa di omicidio volontario aggravato in concorso con ignoti, é Isabella Internò, 55 anni, all’epoca già ex fidanzata del calciatore argentano e che era presente nel momento in cui fu trovato il cadavere del calciatore. L’imputata ha sempre sostenuto che Bergamini si suicidò, facendosi travolgere dal camion sotto il quale fu trovato il suo cadavere. Il perito sentito ieri dalla Corte d’assise (presidente Paola Lucente) è la dottoressa Liliana Innamorato, presente nel 2017 in occasione della seconda riesumazione del cadavere e all’autopsia eseguita sul corpo di Bergamini, che, malgrado i 28 anni trascorsi dalla morte, era rimasto intatto. "Secondo la mia analisi - ha affermato la teste nel corso della deposizione -
Bergamini era vivo nel momento dell’impatto con il camion. Ritengo che non sia verosimile che la vittima fosse stato narcotizzata. Nelle unghie della vittima, inoltre, non sono state trovate tracce di dna di altre persone". La parte civile, rappresentata dall’avvocato Fabio Anselmo, contestando le affermazioni dalla teste, le ha chiesto chiarimenti in merito a una sua espressione, "il corpo parla", contenuta in un’intercettazione. La dottoressa Innamorato ha sostenuto, a tale proposito, che si riferiva a "dati oggettivi emersi dall’autopsia". Nel corso dell’udienza la Corte ha ammesso un confronto, chiesto dalla parte civile, tra la teste ed i medici legali nominati dall’accusa, Roberto Testi e Margherita Neri, nel corso del quale i tre periti hanno ribadito le loro posizioni. L’avvocato Anselmo, conversando con i giornalisti, ha parlato di "un’udienza particolarmente significativa. La dottoressa Innamorato - ha aggiunto - non ha saputo spiegare le tesi scientifiche di morte per asfissia meccanica violenta, che sono state illustrate dai periti Testi e Neri. E di non conoscere la glicoforina".