Ferrara, 28 febbraio 2023 – Alle 21 circa di oggi saranno due anni esatti dalla scoperta, vicino al cimitero di Rero, della Volkswagen Polo con dentro i corpi carbonizzati di Dario e Riccardo Benazzi, i cugini di 70 e 64 anni che sono stati prima uccisi a fucilate, la mattina di quella domenica 28 febbraio 2021, e poi i corpi caricati nell’auto con cui avevano raggiunto la campagna di Rero e ricoperti di legna. Nella tarda serata, poco prima delle 21, qualcuno gli ha dato fuoco, evidentemente per cancellare ogni traccia che potesse ricondurre all’assassino o agli assassini. Proprio le fiamme nell’oscurità della notte hanno attirato l’attenzione di alcuni residenti che hanno dato l’allarme per un incendio in corso. Domate le lingue di fuoco, la scoperta dell’orrore: sul sedile posteriore uno accanto all’altro i corpi carbonizzati di Dario e Riccardo. In un primo momento le indagini si sono indirizzare sull’ipotesi di omicidio-suicidio o duplice suicidio. Poi la scoperta dei pallini di un fucile da caccia su entrambi i corpi. Del duplice delitto, in concorso sono indagati Filippo e Manuel Mazzoni, padre e figlio che da sempre si dichiarano innocenti.
"Era nonno e padre per me che ho perso il padre da piccolina. A tutti noi manca ogni cosa di lui: la sua voce possente che sento ancora come se fosse qui con noi, il suo essere punto di riferimento di una famiglia unita. Vogliamo sapere chi l’ha ucciso così, come un animale". Con la voce pacata, a tratti smorzata da una commozione che non ricaccia indietro ma la lascia scorrere, Nicla Perego, la nipote di Dario Benazzi, ucciso esattamente due anni fa insieme al cugino Riccardo, implora di sapere che cosa sia accaduto quella domenica 28 febbraio del 2021, nelle campagne di Rero. E con lei lo chiedono le zie Michela e Romina - figlie di Dario e sorelle di sua mamma Sabrina che, stroncata dal dolore è morta a dicembre scorso, - e la moglie Armanda, la quale da allora ripete spesso "mi hanno distrutto la vita". E anche il fratello e la sorella di Dario. Tutta la famiglia è assistita legalmente, fin dall’inizio, dall’avvocato Denis Lovison.
Sono esattamente due anni che suo nonno è stato ucciso, che cosa chiedete?
"Sono stati due anni di un calvario senza fine. Non si è mai pronti alla morte, meno che mai a una simile morte di cui ancora non riusciamo a trovare responsabili e motivi. Chiediamo solo la verità, non si può permettere che due persone vengano ammazzate in questo modo senza riuscire a sapere chi è stato. Anche il solo pensare che simili assassini, chiunque siano, possano essere ancora liberi ci fa venire i brividi. Abbiamo diritto alla verità".
A questo proposito interviene anche la zia Romina, figlia più grande di Dario....
"Vogliamo la verità e secondo noi è giusto andare a processo, perché è l’occasione di poter raccontare molte cose che non sono emerse in questi due anni. E che anche gli attuali indagati (Filippo e Manuel Mazzoni, ndr ) possano parlare, per fare emergere la verità. Anche loro avrebbero la possibilità di raccontare e spiegare, mentre così nessuno sa nulla. Non è umano che tutto finisca così. Non vogliamo essere abbandonati e rimanere senza giustizia".
Nicla, ritorniamo a quella domenica…
"Mia nonna Armanda ha iniziato a preoccuparsi dopo pranzo. Mio nonno la mattina era uscito con Riccardo, per andare a fare un giro a Rero. Solo la nonna sapeva che sarebbero andati a smontare l’impianto. Io prima di allora non ne conoscevo l’esistenza. Non riuscendo a parlarci, mi ha telefonato. Io ero a casa a Pontelangorino. Lì per lì abbiamo pensato che non sentissero perché impegnati a lavorare. Poi quando nel pomeriggio ancora non c’erano notizie, il mio compagno e il compagno di zia Michela, sono andati a cercarli. Ma non sono riusciti a trovare il punto esatto. Poi abbiamo deciso di contattare Sara (la figlia di Riccardo, ndr ) e la ex moglie di Riccardo: lei conosceva bene il luogo e ci ha indicato la strada. Una volta arrivati là, la sera, l’auto era ancora in fiamme".
E in questi due anni di attesa…
"Ci siamo chiesti mille volte come sia potuto accadere. Perché. Ma soprattutto come sia possibile che non ci sia ancora nulla di definitivo. Non vogliamo credere che sia stato commesso il delitto perfetto. Vorremmo, soprattutto, non essere abbandonati in questo percorso che ci separa dalla verità e dal trovare i colpevoli. Quando pensiamo che non vogliano continuare le indagini, ci attanaglia un senso di abbandono profondo, che amplifica il dolore".
Lei ha perso anche sua mamma nel frattempo?
"Sì purtroppo, era legatissima al padre. Io e lei siamo vissute con i nonni. Lui era il suo pilastro e quando è morto ha avuto un forte crollo emotivo, che è diventato irreversibile quando qualche mese dopo ha perso anche il compagno. Da lì è stata una parabola discendente che ha aggravato le sue già precarie condizioni di salute. Si è lasciata andare e a dicembre scorso è morta".
Un ricordo di suo nonno cui tiene particolarmente?
"Ne ho moltissimi avendo vissuto con lui, mi diceva sempre che ero la sua quarta figlia. Soprattutto quando, in occasione della festa del papà, a scuola ci facevano preparare dei regalini, io li facevo e li consegnavo proprio a lui, perché il mio papà non c’era più. Adorava quando stavamo tutti insieme, come una grande famiglia. Poi c’è il più grande dei miei figli, Filippo, che era solito andare con lui in campagna, erano spesso insieme. A lui manca davvero tanto. Come si fa a spiegare a un bambino perché è accaduto tutto questo?". Già. Come si fa?