FRANCESCO FRANCHELLA
Cronaca

"Crema e il tesoro artistico donato a Ferrara"

Scardino, uno dei curatori della bella mostra in Castello: "Nel 1955 il pittore decise di lasciare i suoi quadri e disegni al Comune"

di Francesco Franchella

La mostra ‘Giovanni Battista Crema. Oltre il divisionisimo’, allestita al Castello Estense, si potrà visitare fino al 29 agosto. La domanda, per quanto assurda, è invece lecita: ma chi era Giovanni Battista Crema? Il pittore è nato a Ferrara il 13 aprile del 1883 da Maria Cottica e da Carlo Crema e, sin da subito, ha mostrato di essere abile nel disegno. I genitori accettano di fargli studiare pittura presso il ritrattista Angelo Longanesi-Cattani: Crema era un giovane colto, curioso e guardava con entusiasmo la realtà che lo circondava. Questo impulso ad osservare lo avrebbe portato a scrivere: "quale fonte inesauribile di simboli meravigliosi e sinceri dà l’osservazione di tutte le cose!". Era il 1904 e da un anno era arrivato a Roma, sua città d’adozione, e aveva iniziato a frequentare il cenacolo di Giacomo Balla; si fa attrarre dal fascino del divisionismo – che lo porterà ad affrontare questioni legate al proletariato e ai problemi sociali – così come era capitato allo stesso Previati, suo concittadino. Crema rimarrà fedele al tocco diviso, anche quando le avanguardie prenderanno altre direzioni. E diventerà un artista estremamente apprezzato. "Era abile e sapiente – commenta uno dei curatori della mostra, Lucio Scardino – accademicamente ruffiano: sapeva accostarsi a qualsiasi genere. Un pittore che è giusto ricordare: era molto legato a Ferrara". Ecco, con Ferrara Crema ha sempre avuto un rapporto particolare. Ferrara era fonte di ispirazione: Casa Romei, l’Abbazia di Pomposa, via Boccanale di Santo Stefano, il monastero del Corpus Domini e, ovviamente, il Castello Estense. Ma anche i miti, come San Giorgio e il drago, e le storie, come quella di Ugo e Parisina. Poi la donazione: nel 1955 decide di lasciare quadri, disegni, incisioni e cataloghi al Comune. Le opere vengono collocate al pianterreno di Palazzo Diamanti e dopo qualche anno rinchiuse negli archivi. "Fino a un paio di anni fa – commenta Scardino – c’era poco interesse per i pittori ferraresi minori: ora c’è un’impronta diversa". Valorizzare artisti come Crema e Previati "significa valorizzare il nostro patrimonio civico: abbiamo una collezione straordinaria di 8400 opere – accantonate e dimenticate – di artisti che se ne andavano da Ferrara, ma ne avevano nostalgia. E molti, prima di morire, hanno donato delle opere alla città. Volevano essere protetti in patria".

Questo ci permette di riflettere sul rapporto che avevano gli artisti con Ferrara: un rapporto odi et amo? Forse sì. Ferrara era la città placida, di provincia, troppo culturalmente calma, che lasciava inespressa la tensione artistica. Era necessario andarsene, ma poi se ne sentiva la mancanza: perché Ferrara determina la mente, pervade l’animo. Abbastanza eloquente è una tela di Crema, ‘Piazza Duomo a Ferrara’ (1930): la città è assorta nella nebbia metafisica, mentre due viandanti, smarriti nel silenzio, camminano verso l’ingresso della Cattedrale, guidati da due lumi, due fari in un mare di grigiume. Il Duomo è, qui, prefigurazione della stessa città: puoi perderti in giro per il mondo, tra gli anfratti della vita, ma prima o poi, a Ferrara ci ritorni. E Crema, nel 2021, è ritornato.