di Mario Bovenzi
Si commuove un po’ Mauro quando pensa a suo padre, il mastro pasticcere Valter Paganelli che, una vita accompagnata dal sorriso, 50 anni fa – correva l’anno 1972 – aprì quella che era poco più di una pasticceria con bar. Quasi un angolo dove si impastava lievito, zucchero e farina, un angolo diventato un simbolo di una città che cambia ma che ancora vive di gente che si incontra ad un caffè.
Sono trascorsi 50 anni, sembra ieri. Valter Paganelli, la moglie Elsa e i figli Mauro e Marco sono andati avanti, tra sacrifici e difficoltà per non lasciarsi sfuggire quel sogno. Il Leon d’Oro ha attraversato la crisi che ancora morde alle caviglie; il Covid con i suoi divieti e le paure un’ipoteca sul domani. Era il 1972. Anche se a pensarci sembra ieri quando Mauro e Marco, al suono della campanella, scappavano dall’aula del liceo per andare ad aiutare i genitori, che magari dovevano staccare per il pranzo. Gli anni di piombo, Ferrara che restava ancora una città sorniona, il dolore per il papà che li ha lasciati pochi anni fa. Ma quell’avventura di famiglia, una storia che racconta quanto forte possa essere un’impresa che poggia sulle radici della tradizione, è andata avanti. Marco ha 62 anni, sul viso la calma di chi la vita se la guadagna ogni giorno, rimboccandosi le maniche. Dice: "Ci sono in questa città tante attività che hanno magari una storia più lunga della nostra. Ma sono poche le imprese che alle redini hanno avuto una sola famiglia, così siamo noi". Che, sembra un paradosso, quando c’era la seconda ondata del Covid e si spegnevano le luci delle vetrine strozzate dai divieti, si è pure ingrandita, ha fatto un passo avanti. Nello storico palazzo ducale quelli che erano tavolini dove fermarsi per un piatto, sono diventati la distesa di un ristorante. Sono i numeri forse più delle parole, la radiografia del sogno. Sono 40 i dipendenti, 4 pasticceri, cinque cuochi. "La nostra sfida? Trovare sempre le energie per proporre nuove cose – dice Mauro –. Nei periodi più difficili siamo riusciti a trasmettere ai dipendenti una filosofia, che siamo tutti sulla stessa barca e che bisogna remare nella stessa direzione. Come una famiglia". Una grande famiglia. Lo sa bene Gabriele Forlani, 65 anni, che varcò la porta del Leon d’Oro ragazzino per chiedere un lavoro. Ancora oggi, dopo una vita, oltrepassa la soglia questa volta come cliente per un caffè e per un saluto ad una famiglia che gli ha dato un futuro. Là fuori una città che cambia, quel volto sornione un po’ infastidito davanti alle macchine fotografiche dei turisti. Mentre il sogno, quello di un padre, continua a vivere.